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VANGELO E CULTURA: L’ESPERIENZA DI ATENE

Ripercorrendo la storia biblica, l’apostolo Paolo richiama il tema della creazione cosmica e la concezione ineffabile del Dio che oltrepassa i limiti dello spazio e del tempo. Suscita attenzione nei suoi ascoltatori, menzionando nel suo discorso alcuni autori greci

Paolo e il dinamismo del Vangelo

Il racconto degli Atti degli Apostoli presenta le tappe dell’evangelizzazione attraverso un itinerario geografico che dal Medio Oriente (Palestina, province dell’Asia imperiale) percorre la Macedonia fino a giungere in Acaia (cf. At 15-17). Forte dell’approvazione del “suo” vangelo (Gal 2,6-10), ottenuta dall’incontro con le “colonne della chiesa” di Gerusalemme (At15,1-35), Paolo visita Derbe, Listra e Troade (15,36-41) e in compagnia di Sila e Timoteo, approda in Macedonia ed evangelizza Filippi (16,11-40). Dopo aver sostato tre settimane a Tessalonica (17,1-15) giunge finalmente ad Atene (1Ts 3,1-2). Mentre è in attesa di ricevere notizie dai suoi collaboratori, l’apostolo incontra i giudei della sinagoga locale e si confronta nella piazza anche con alcuni filosofi epicurei e stoici sul contenuto del Vangelo (At 17,16-21).

Atene, culla della filosofia

Alla metà del primo secolo d. C. Atene, culla della filosofia, era una città abbastanza ridotta nella popolazione, anche se si registrava una discreta presenza di gente di passaggio che visitava i monumenti locali. Ascoltando la sua predicazione, diversi ateniesi si domandavano quale nuova divinità l’apostolo annunciava, di quale dottrina parlava. Grazie al suo fervore apostolico Paolo suscita curiosità tra gli intellettuali locali. Sembra che gli interlocutori di Paolo non fossero solo dei “dilettanti” di novità. Essi allora vollero condurlo all’areopago, antica sede giudiziaria della città. Il ricordo di Socrate, accusato di introdurre divinità straniere, era vivo nella loro memoria (cf. Senofonte, Memorabilia I, 1,1). Tuttavia questo incontro desiderato aveva la finalità di accertare il contenuto del messaggio proposto dal predicatore di Tarso. Giunto all’areopago l’apostolo vuole rispondere al desiderio di conoscenza e pronuncia un discorso agli ateniesi, divenuto esempio del dialogo con il mondo della cultura e della filosofia (At 17,22-31). Leggendo il discorso riportato da Luca, si evidenzia l’efficacia del metodo dialogico di Paolo e la capacità di suscitare riflessione e confronto da parte degli ateniesi. Lo sforzo compiuto dall’apostolo consiste nel formulare argomenti chiari e proporre immagini efficaci, in grado di costruire mediazioni comunicative con gli astanti.

Suscitare la domanda religiosa

Ritto in piedi in mezzo all’areopago, Paolo pronuncia il suo discorso riagganciandosi all’esperienza dei giorni appena trascorsi ad Atene e cioè alla constatazione dell’esistenza di così tanti monumenti dedicati alla venerazione cultuale, tra cui un altare dedicato al “Dio ignoto” (17,22-23). Colpisce l’enfasi con cui l’apostolo si rivolte ai destinatari definendoli “molto religiosi”, cioè desiderosi di conoscere e incontrare Dio. Paolo si appella alle domande interiori su Dio, che caratterizzano l’esistenza degli uomini. Chi è Dio? Come agisce nella storia umana? Quale giustizia terrena e celeste attende l’uomo? Perché c’è il dolore? Che senso ha la morte? In che modo si può conoscere il proprio destino e – se possibile – come orientarlo alla felicità ultima? Sono le questioni fondamentali che segnano le tappe della ricerca religiosa di ogni persona che viene al mondo. Paolo è disposto ad annunciare agli ateniesi la salvezza di Dio, accettando il confronto leale con disponibilità e senza preclusione.

Ragione e fede

L’argomentazione è fondata sul bisogno di estendere la conoscenza e di saper discernere la verità mediante l’uso della ragione. Pertanto – secondo Paolo – ciò che appare ignoto alla “filosofia”, diventa notissimo per colui che nella fede si apre alla “rivelazione” cristiana. Quel Dio creatore e ordinatore di tutte le cose, che gli ateniesi venerano senza conoscere, Paolo lo annuncia a partire dalla sua esperienza personale. Ripercorrendo la storia biblica, l’apostolo richiama il tema della creazione cosmica e la concezione ineffabile del Dio che oltrepassa i limiti dello spazio e del tempo (17,24-27). Egli suscita attenzione nei suoi ascoltatori, menzionando nel suo discorso alcuni autori greci (cf. Arato, Cleante). Uscire dall’ignoranza è un dovere dell’uomo che è in ricerca. Si tratta di un esodo interiore, che ciascun credente è chiamato a vivere senza paura. Vivendo questo processo, si scopre che la ragione cerca la fede e la fede implica la ragione. Con grande abilità l’apostolo riesce a sintetizzare alcuni elementi culturali comuni ai suoi interlocutori in vista dell’annuncio kerigmatico.

Il fondamento: Cristo crocifisso e risorto

Il discorso paolino culmina con il mistero di Cristo. Paolo afferma con cuore aperto che è volontà di Dio salvare tutti gli uomini. L’apostolo non presenta un’immagine formale di Dio, nelle vesti di un giudice spietato e calcolatore, ma un “padre” che si prende cura dei suoi figli. Un Dio che ama l’umanità e desidera che tutti “si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti” (17,30-31). Il discorso paolino ricalca la predicazione comune della chiesa primitiva, ma è – allo stesso tempo – attento alle categorie sensibili del mondo culturale greco. L’interpretazione del “perché” del mondo e del senso della storia converge sul “per chi” siamo, esistiamo, operiamo, serviamo, amiamo e speriamo nella felicità eterna. Come Pietro e Stefano, anche Paolo termina la sua presentazione della storia della salvezza presentando la novità della Pasqua di Gesù Cristo. Il tempo storico (kronos) dell’ignoranza culmina nel “momento favorevole” (kairos) della rivelazione di Dio in Cristo crocifisso e risorto. L’esito del confronto non sembra ottenere i risultati sperati da Paolo. Appena i suoi interlocutori sentirono parlare di risurrezione dei morti “lo deridevano, altri dicevano su questo ti sentiremo un’altra volta” (17,32). Così l’apostolo lascia Atene, mentre un certo Dionigi e una donna, Damaris, con poche persone, aderiscono all’annuncio cristiano.