miracoli

Un grande film con al centro l’architettura

Tre decenni di vita dell’architetto ebreo László Tóth, emigrato dall’Ungheria negli Stati Uniti nel 1947, dopo essere stato detenuto nei campi di concentramento tedeschi. Gli inizi in America sono difficili, per le necessità economiche e l’impossibilità di poter portare con sé la moglie Erzsébet e la nipote Zsofia, ma grazie al cugino Attila, a László viene commissionata la ristrutturazione di una libreria dal milionario mecenate Harrison Lee Van Buren.

Il lavoro di Tóth porta prestigio a Van Buren, che decide di affidargli un progetto mastodontico: la costruzione di un centro culturale e luogo di aggregazione, destinato a ospitare nello stesso edificio biblioteca pubblica, palestra e cappella. Durante il lavoro Tóth incontra molte difficoltà, per le diffidenze verso gli stranieri e per i continui tentativi di alterare il suo progetto originario, ma pur di difendere strenuamente il suo lavoro, arriva a investirvi parte dei propri profitti.

Girato in 70mm per 215 minuti di durata (con un intervallo di un quarto d’ora), The Brutalist (in uscita il 23 gennaio) è un’opera-monstre per proporzioni e ambizioni, che ha richiesto dieci anni di lavorazione prima di essere portata a termine dal suo autore, Brady Corbet. Un inizio frenetico ci introduce ai personaggi principali, riassumendo quanto avvenuto in Ungheria durante e dopo la Seconda guerra mondiale, per lasciare poi spazio a un rallentamento del ritmo e dello svolgimento cronologico della biografia di Tóth. Lo spettatore approfondisce la conoscenza del protagonista e comprende il suo rapporto di speranza e disillusione, amore e odio, con gli Stati Uniti d’America, luogo dell’accoglienza e terra degli uomini liberi secondo la vulgata e la retorica comune, ma tempio del profitto e dell’ipocrisia nella dolente realtà.