miracoli

Quel vino forte chiamato sessualita

Il Cristianesimo è stato spesso accomunato alle correnti di pensiero ostili alla felicità ed orientate al solo equilibrio interiore. Tanto che Nietzsche lo accusa di essere il principale responsabile dell’uomo represso, tormentato dai sensi di colpa: “Il Cristianesimo ha fatto bere a Eros un vino drogato – scrive – degenerandolo”. La verità è un’altra. Il Cristianesimo, rivelando all’uomo l’interiorità, l’anima, ha conferito alle sue azioni una profondità prima sconosciuta, mettendolo di fronte ad una scelta: elevarsi o degradarsi. Cristo ha preso per mano l’uomo, in questo caso, realmente drogato dalla soggiacenza istintuale, facendogli conoscere la gioia di sottomettere la pulsione alla ragione. Gli ha svelato che l’amore non è solo istinto (eros) ma anche sentimento (philìa), nonché rispetto, stima, dedizione (agàpe).

È stato Giovanni Paolo II il primo a sostenere che l’eros nuziale non va soltanto tollerato, ma è da considerare una “manifestazione specificamente umana della sessualità”, una dimensione costitutiva del “linguaggio interpersonale” dei coniugi, “dove l’altro è preso sul serio, con il suo sacro e inviolabile valore”. Da parte sua, Benedetto XVI, nell’enciclica Deus caritas est, si chiede se la Chiesa, con i suoi divieti, non abbia resa amara una cosa bella come la sessualità. Ma, risponde che, seppure non siano mancati, nel Cristianesimo, esagerazioni o ascetismi deviati, l’insegnamento ufficiale della Chiesa non ha mai rifiutato “l’eros come tale, ma ha dichiarato guerra al suo stravolgimento distruttore, in quanto la falsa divinizzazione dell’eros lo priva della sua dignità, lo disumanizza”. Infine, è venuto papa Francesco che, nell’Amoris laetitia, pietra miliare del nuovo modo di considerare la sessualità, sostiene: “Dio ama la gioia dell’essere umano. Egli ha creato tutto perché possiamo goderne. Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature. Anche l’eros, – prosegue Francesco – è un dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi. Trattandosi di una passione sublimata dall’amore che ammira la dignità dell’altro, esso diventa una piena e limpidissima affermazione dell’amore”.

La sessualità. Per essere compiutamente umana, secondo la Chiesa, deve considerare l’altro come una “totalità” di corpo (attrazione fisica), psiche (legame emotivo) e spirito (rispetto del partner come unicità autonoma ed originale). Perché, se riduco l’altro a corporeità, ne faccio una cosa, lo degrado da persona a preda, a giocattolo sessuale. E se mi limito all’aspetto emotivo e romantico dell’amore, espongo l’amante all’incertezza del sentimento. In altri termini, la sessualità, per la Chiesa, deve, secondo l’espressione del Concilio, “abbracciare il bene di tutta la persona”.

Ma, perché ciò avvenga, commenta sempre Francesco, occorre “un’educazione dell’emotività e dell’istinto” che conduca al “discernimento degli impulsi del proprio cuore”. Questo lo affermava anche papa Wojtyla, quando scriveva: “Non possiamo ignorare che molte volte la sessualità si spersonalizza ed anche si colma di patologie, in modo tale che diventa sempre più occasione e strumento di affermazione del proprio io e di soddisfazione egoistica dei propri desideri e istinti”. Ciò, però, prosegue Francesco, “non implica rinunciare ad istanti di intensa gioia, ma assumerli in un intreccio con momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale. La vita in famiglia è tutto questo e merita di essere vissuta interamente”.

È stato notato che il Cattolicesimo, con la sua etica esigente, può aver certamente favorito delle nevrosi ma, in compenso, ha preservato la sessualità dalla banalizzazione. “Il riferimento fondamentale – notano i vescovi italiani – va fatto non tanto al sesso ma alla persona. Sussiste non il sesso, come realtà a se stante, ma la persona sessuata”.