PALPITA UN CUORE DI PIETRA
Ottocentomila tessere di marmi e smalti, 900 ore di lavoro e sulle pareti della nuova penitenzieria vibra un immenso cuore, risorge il crocifisso, fioriscono le spine, esplode la musica.
La penitenzieria, o Cappella delle Confessioni, del nuovo Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, si presenta ormai completa sotto il profilo dell’arredo funzionale ed artistico. P. Ugolino da Belluno, il Cappuccino che sul finire dello scorso anno portò a termine la stupenda, suggestiva vetrata dedicata al Figliol prodigo, ha di recente ultimato un’altra grandiosa opera: il mosaico dell’unica parete libera della penitenzieria, quella sulla quale punta lo sguardo dei pellegrini in attesa della riconciliazione.
Se nella vetrata policroma l’artista era riuscito a raccogliere tutti gli elementi del tormento, del rimpianto, l’itinerario sofferto ma sereno, non autodistruttivo, del peccatore che torna alla casa del Padre, nel mosaico aggiunge qualcosa che prima non era stata descritta perché non era quello il “luogo”: la rigenerazione alla vita (il Mistero Pasquale).
La vetrata e il mosaico, dunque, non sono due opere a sé stanti. Esse mostrano l’unica strada che all’uomo è possibile per il ritrovamento di sé stesso e di Dio, strada che è pentimento per la conversione e non per la disperazione e che sfocia nell’unica pace ritrovata possibile che è quella dell’amore.
Il mosaico, allora, P. Ugolino da Belluno, che conoscevamo come certosino “compositore” di lettere alfabetiche quasi a significare e rendere comprensibile il linguaggio dell’arte ed arte sacra, soprattutto qui sembra riaccogliere ed abbracciare gli schemi della figurazione classica mai così urgenti come quando si tratta di esporre temi sacri.
Il mosaico della Cappella delle confessioni si compone di due momenti fondamentali nella vita del Cristo e del Cristiano: la crocefissione e la resurrezione. Il Cristo sulla Croce reca tutti i tormenti della Passione e dell’agonia e le piaghe sono rosso sangue, quasi tenute perennemente aperte da un viluppo di spine dalle quali sembra impossibile districarsi. Il Cristo risorto (una citazione dotta di Piero Della Francesca, immagine classica della Fede), ha nelle carni i colori della trasparenza, della incorporeità. E le spine, procedendo verso la “’pagina”’ del Risorto, si mutano in rose fiorite, nella esplosione di un’irrefrenabile primavera. I due momenti, crocefissione e resurrezione, sono racchiusi in un cuore rosso (il cuore della vetrata, il cuore che è il segno distintivo della congregazione passionista) dal quale si dipartono vibrazioni concentriche, ad accentuare anche visivamente il significato di una vita ritrovata e pulsante.
Dove, il mosaico di P. Ugolino appare di estrema originalità, è nel felice accostamento tra i due momenti, crocefissione e resurrezione, che, pur distinti, appaiono come sovrapposti quasi per un gioco filmico di dissolvenze. Il Mosaico diventa così sintesi “concreta” di un itinerario di fede che trascende però la materialità, per immergersi nella contemplazione di quel mistero salvifico che in Cristo, morto e risorto, ha tutta la sua centralità.
E qui sarà bene anche offrire al lettore qualche curiosità su quest’opera che è certamente unica, almeno nella Regione Abruzzo, per dimensioni. Per realizzarla sono occorsi 800 mila pezzetti di marmi pregiati, non confezionati, come spesso accade oggi per talune lavorazioni di serie, ma tagliati, nella quasi totalità, ad uno ad uno, a colpi di martello e rifiniti con pinze munite di taglierina. Per realizzarlo ci sono volute circa 900 ore lavorative, riferite naturalmente alla sola messa in opera in parete. Poiché, e questo dato va sottolineato, tutti i tasselli del mosaico, che in nessuna sua parte è prefabbricato, sono stati “inseriti” uno ad uno in parete.
Due bande si distendono in alto, ai lati del mosaico, riproducenti il rigo e le note gregoriane. È certamente un elemento decorativo e suggerito da necessità di arredo, e pur tuttavia non si può fare a meno di pensare che è il canto la sola cosa capace di esprimere gioia, una volta che l’uomo ha potuto ristabilire il suo rapporto con Dio.
Anche nel caso del mosaico, come già in quello della vetrata, c’è un punto in cui al critico conviene tacere per lasciare possibili spazi alla contemplazione del visitatore che, se accede qui, in questa sala del perdono, non cerca emozioni se non quelle che traggono origine dalla misericordia di Dio.
Completata la Cappella delle Confessioni, P. Ugolino sta adesso lavorando attivamente al mosaico della Cappella Feriale, ubicata nell’ala nord della nuova Basilica del Santuario. Di questo mosaico già possiamo anticipare che si tratterà di un’altra grandiosa opera d’arte, il cui tema centrale è l’Eucaristia “tradotta” in simbolismi di tralci e di viti, di pani e di pesci, in figurazioni nuove nella trattazione, in tonalità vive ma non accese, perché non abbiano a disturbare l’antistante altare che è la “vera” mensa eucaristica.
Non possiamo chiudere senza citare due preziosi collaboratori di padre Ugolino: Silvio Alessandri, suo nipote artista anche lui, ed il mosaicista Umberto Marini. Che non sono semplici esecutori, ma appassionati “lettori” delle forme pensate dall’artista.