Sono solo quarantuno le lettere che possediamo, cinque scritte da studente liceale a Spoleto, le altre da novizio o studente passionista, e racchiuse nel breve arco di tempo che va dal 1854 al 1861.
Si tratta di lettere confidenziali in cui traspare tutto l’affetto per i familiari con la sua sollecitudine per il loro bene spirituale.
Nelle sue lettere, confratel Gabriele dell’Addolorata, deve continuamente tranquillizzare il padre circa la sua salute, manifestando nello stesso tempo la sua straripante gioia per la scelta fatta. Raccomanda la liberalità con la servitù e la sensibilità verso i poveri, la tenera devozione alla Madonna, la ricerca della volontà di Dio. Ma si preoccupa anche di non apparire come uno che fa la predica.
Con il passare del tempo le sue esortazioni a fuggire la superficialità e la vita mondana si fanno sempre più accorate. Gli eventi lieti o tristi della vita non turbavano mai la serenità del santo, abbandonato alla volontà di Dio e riparato sotto il manto della Vergine Addolorata: “Iddio così vuole, così voglio anch’io”.
Qui troverete l’immagine fotostatica – in tutte le sue parti – delle lettere custodite presso l’archivio del Santuario. Forse, infatti, vedere la grafia del giovane santo, più ancora della trascrizione, ci aiuta a sentire questi insegnamenti come rivolti a ciascuno di noi. E a sentire rivolta a noi anche l’esortazione e il saluto al fratello Michele che – nella lettera di addio – invita a volersi aprire ad orizzonti più vasti e saluta con il benedicente augurio “La pace sia con te“.
Carissimo Padre
Morrovalle, 15 settembre 1856
Il giorno è giunto. L’onnipotente Iddio da gran tempo mi aspettava ed io ingrato faceva il sordo divagandomi ed offendendolo nel mondo, ma l’infinita misericordia di Dio ha saputo ben disporre le cose ed io oggi, giorno di Maria santissima addolorata, nostra protettrice e madre, con inesprimibile contento ho indossato questo sacro abito religioso assumendo il nome di Confratel Gabriele dell’Addolorata.
Io fino ad ora, papà mio, non ho avuto il minimo che di disaggradevole tanto riguardo alla religione quanto alla mia vocazione. Oh, assicuratevi pure che a colui che Iddio chiama alla religione gli fa un gran favore che non si potrà mai adeguatamente intendere! Quanto bisognerebbe star guardingo nel mondo per vivere da buon cristiano!
Vi prego che mi facciate la carità di fare avere alla famiglia Spada quattro o cinque paoli per terza persona in contraccambio di due libri che mi aveva prestati, uno dei quali mi cadde nel loco l’altro lo diedi via, e di un compasso che mi aveva prestato che trovai rotto in casa.
Vi domando perdono, papà mio, di tutte le disubbidienze e dei disgusti troppo grandi che vi ho dati; perdonatemi se qualche volta ho dato via qualche cosa di casa o me la sono appropriata. Lo stesso dico ai fratelli ed a Pacifica, la quale mi perdonerà se io qualche volta l’ho maltrattata. Prendano esempio da ciò i fratelli, e non vogliano credere che io faccia per ostentazione o per qualche devozione o altro fine, perché davanti a Dio si esamina tutto, e non sono queste cose da dormirci sopra.
Fratelli miei, siate buoni, non fate inquietare il povero papà che non lo merita, amatevi scambievolmente. Michele mio, fuggi i cattivi compagni che sono la nostra eterna rovina; lo so io di quanti peccati siano la cagione perché l’ho sperimentato sopra di me ed ora comincio a conoscere quanto si dovevano apprezzare i consigli di papà e dei superiori. Enrico mio, Cencio [così chiamava il fratello Vincenzo] mio, lo stesso dico a voi altri, di più studiate e andate sempre insieme, in una parola fate quello che papà vi dice, e sarete benedetti da Dio e da Maria santissima.
Io non ho preteso fare da predicatore o da consigliere perché ne ho più bisogno di voi, ma da buon fratello. Raccomandatemi e fatemi raccomandare al Signore e alla Madonna, che io non mancherò di fare lo stesso per voi e per tutti i nostri defunti. Ricevete i saluti dei miei ottimi Padri Maestro e Vice Maestro unitamente ai miei, salutatemi i Gesuiti, Filippini nonché tutti quelli che domanderanno di me, ed implorando la vostra santa benedizione, o papà mio, mi dico
Vostro aff.mo figlio
Confratel Gabriele dell’Addolorata Passionista
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signore Avvocato Sante Possenti
Assessore Legale in Spoleto
Car.mo Padre
Morrovalle, 23 ottobre 1856
Sono a rispondere con la presente alla vostra carissima del 24 settembre, la quale mi fu di sommo piacere sia per le vostre buone notizie come ancora perché vi portavate in Terni per qualche giorno, per combinare gli affari di casa.
La contentezza e la gioia che io provo entro queste sacre mura è quasi indicibile, a paragone dei vani e leggieri passatempi mondani che si gustano nel mondo. Assicuratevi pure, o papà mio, e credete ad un figlio vostro che vi parla col cuore alle labbra, che non baratterei un quarto d’ora di stare innanzi alla nostra consolatrice e speranza nostra, Maria santissima, con un anno e quanto tempo volete con gli spettacoli e divertimenti del secolo.
Voi mi dite che io vi debba scrivere due volte il mese; ma questo è impossibile atteso che qui non si usa scrivere così spesso. Ma non dubitate, ché mi assicura il Padre Maestro che oltre al consueto, se io sarò incomodato da qualche cosa od avrò a farvi sapere alcunché, non mancherà di darmi licenza onde io scriva. Del resto, assicuratevi pure che io sto benissimo, e che al bisogno non mancherei di scrivervi. Scrissi a Teta7 [così chiamava la sorella Teresa], la quale mi dice che è stata contenta e che sta benissimo unitamente alla famiglia.
Gradirei che faceste avere 3 paoli [i paoli erano l’equivalente di 10 baiocchi. Con un paolo, al mercato si compravano 10 carciofi] ad Avanzi, un papetto [un papetto era l’quivalente di due paoli. Con un papetto, al mercato si acquistava mezzo chilo di pesce pregiato] a quella donna da cui posavamo le gabbie in tempo di caccia, ed un mezzo paolo alla cosiddetta appigionante, e 3 paoli in casa Sabbioni, per terza persona, per fini miei particolari. Quello dei fratelli che avrà ricevuto qualche cosa appartenente a me, mi raccomando a lui ricordandogli qualche poveretto. Dite ai fratelli che a me il leggere qualche libro prestatomi non mi è stato del tutto utile; e ciò loro serva di norma!
Il giorno 16 di novembre si celebrerà da noi la festa del beato Paolo [è san Paolo della Croce, fondatore dei passionisti, all’epoca beato]: non mancherò di raccomandare tanto a lui, al Signore ed a Maria SS.ma voi, i fratelli, Pacifica ed i nostri defunti. Altrettanto desidero che facciate voi.
Datemi nuove di Gigio e se è andato a Lucca. Michele quando partirà per Roma? Dite a Cencio e ad Enrico che studino. Ormai le vacanze sono terminate; tutto finisce; ora si diano di cuore allo studio, e riflettano che è un dovere dello stato e se ne troveranno contenti un giorno.
Ora siamo 11 novizi, e Dio faccia che un giorno abbiamo ad essere 11 professi. Dite ai fratelli che se vi è rimasto alcun Gesuita dell’anno scorso o venuto alcuno nuovo di mia conoscenza me lo salutino,e gli dicano che mi raccomando alle loro orazioni; di più domandino dove presentemente si trovino i Padri Bompiani, Tedeschini, Casanova, ed Oreglia, ché bramerei saperlo. Salutatemi i Padri Filippini, Sparvoli, Speranza ambedue canonici.
La mia salute è in ottimo stato così mi lusingo sia di voi tutti. Ricevete i miei saluti unitamente a quelli dell’ottimo Padre Rettore e Vice Maestro, ed implorando la vostra santa benedizione, mi dico
vostro affezionatissimo figlio
Confratel Gabriele dell’Addolorata
P.S. Come sta il povero Spada? Salutatemi il padre ed il canonico. Se aveste da portarvi da monsignor Arcivescovo, me lo riverirete tanto, unitamente a Costa, raccomandandovi caldamente di pregar tutti di volermi raccomandare al Signore ed alla SS.ma Icone.
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Pietro Possenti
Terni
Car.mo Fratello [Pietro Possenti è il cugino di Gabriele]
Morrovalle, 1 novembre 1856
Con molto mio dispiacere intesi la morte della vostra virtuosa consorte e della neonata bambina per parte di mio padre, anch’egli di ciò assai dolente. La fede ci insegna che dobbiamo rimetterci alla volontà del Signore il quale permette tutto a nostro bene.
Certamente il colpo sarà stato grande, ma, e che fare? Vorremmo far passare tali circostanze senza ricavarne un salutifero e vantaggioso profitto? Ah, no! Certo che l’umanità si risente, ma non per questo dobbiamo abbandonarci in essa, e seguirla oltre i limiti. Rivolgiamoci al Signore e facciamogliene un valoroso sacrificio. Io non mancherò di raccomandare la defunta nelle mie orazioni, la quale speriamo già essere stata premiata dal Signore delle tante virtù di cui era fornita.
Avrei a sommo favore se scriveste al mio fratello Michele in Spoleto o in Roma che sia, che mi mandi per quell’occasione che lui sa due immagini del Cuor di Gesù e di Maria, una dell’Addolorata, un’altra di Gesù crocifisso, ma le vorrei esprimenti. Fatemi questo favore che ve ne sarò grato. Non dimenticate di significargli l’epiteto esprimenti.
Salutatemi zio, zia, tutti di casa, facendo loro conoscere essere la mia vita di passionista una vita dolce, una vita di pace, una vita di contenti. Oh, che dolce cosa servire Dio!
Se mi riscrivete, scrivetemi sotto questo nome
Confratel Gabriele dell’Addolorata
novizio passionista
Macerata per Morrovalle
Il Sig.re Avv. Sante Possenti
Assessore Legale in Spoleto
Carissimo Padre
Morrovalle, 2 dicembre 1856
Ecco che mi accingo a rispondere alla vostra carissima del 30 passato ottobre nella quale,oltre all’informarmi del vostro buono stato di salute, mi facevate delle domande intorno alla mia situazione presente. Eccomi pronto ad acquietare i vostri desideri.
Riguardo al tenor di vita che io meno, è così bene ordinato, che vi confesso sinceramente che le 24 ore, di cui è composta la giornata, mi sembrano 24 brevi istanti che rapidamente succedonsi, e questo stesso per me è di grande conforto, conoscendo essere questa, non solo la vita a cui il Signore mi ha chiamato, ma bensì la religione stessa in cui Dio vuole che io passi i brevi miei giorni.
Riguardo allo studiare, non mi è permesso in alcun modo, ad eccezione di un’ora e mezza al giorno, il qual tempo poi si divide in un’ora di spiegazione di libri sacri e mezz’ora di lezione a memoria sopra gli stessi libri.
In quanto alla mia destinazione dopo, a Dio piacendo, la professione, non si sa né potrà sapersi se non negli ultimi giorni, a ragione degli studi e degli studenti; solo posso quasi assicurarvi essere cosa difficile che io qui rimanga.
Con vivo dispiacere intesi la morte dei due defunti che mi significavate, i quali insieme ai nostri non mancherò di raccomandare a Dio nelle mie deboli orazioni. Nessuno dei fratelli mi ha ancora scritto. Zio Cappuccino quando tornerà?
Auguro anticipatamente, come già cominciato l’Avvento, tanto a voi quanto ai fratelli e tutti di casa, felicissime e veramente benedette da Gesù Bambino e dalla sua immacolata madre Maria SS.ma, le prossime sante feste natalizie; e preghiamo veramente Colui che, col venire dalla destra del Padre, in cui risiedeva adorato da innumerabili angelici cori, in una vile e fredda spelonca tra due giumenti esposto ai vituperi e strapazzi delle sue creature, ci ha sottratti da un eterno inferno a cui eravamo irreparabilmente condannati, a volere con una santa comunione purificare i nostri cuori ed accenderli del suo divino amore.
Ottimo è il mio stato di salute, essendomi ingrassato di assai; piena di contenti è la mia vita: sto nella casa di Dio. Contro mio merito spero, sotto la protezione di Maria SS.ma ed ai piedi di Gesù appassionato, inviarmi nella via della perfezione; e che ho più a desiderare in questa valle di lacrime?
Ricevete i miei saluti, estensibili ai fratelli, Pacifica, ai Padri Filippini, Gesuiti, C. Sparvoli, P. Casanuova, cugino Pietruccio (il quale mi ha risposto), raccomandandomi alle loro orazioni e, promettendo di fare io stesso nelle mie indegne preci, vi domando la santa benedizione
e mi dico vostro aff.mo figlio
Confratel Gabriele dell’Addolorata
P.S. Ricevete i saluti dei miei ottimi Padri Maestro e Vice Maestro. Date i saluti al padre del Confratel Gismondi. Riguardo allo scrivere, state sicuro che di quando in quando non lascerò di scrivervi, e perciò non vogliate su tal proposito mettervi in apprensione.
Al Molto Reverendo Padre Lettore [il padre Lettore era un insegnante]
Il Padre Salviano di S. Luigi Passionista
Recanati
Molto Reverendo Padre,
Insolita al certo e assai inaspettata cosa sarà per riuscire a Vostra Reverenza il vedere la presente, e crescerà ancora la meraviglia allorquando vedrà non essermi io mosso a ciò fare se non che per incomodarla per una cosa, o, diciamo meglio, per un imbroglio fatto da me.
Voglia non pertanto benignamente ascoltarmi e compiacermi nella mia richiesta. Nella circostanza in cui ebbi il piacere di fare l’ottima e, per me, fortunata conoscenza di Vostra Reverenza e degli ottimi suoi discepoli, e massime dei carissimi Padre Salvatore e Confratel Mario, trovandomi estremamente bisognoso di essere raccomandato al Signore da persone già inoltrate nel suo santo servizio, combinai con i medesimi di applicarci l’un l’altro la santa comunione, od almeno in essa raccomandarci.
Ciò ho fatto, salvo due o tre volte, fino ad ora; ma essendo stato io avvisato di non poter far ciò per due giuste ragioni: la prima, essendo io uno solo che applico per due, ed al contrario due che applicano per me; la seconda trovandomi io fin da principio della mia vestizione di aver fatto voto a Maria SS.ma di a Lei donare tutte le opere soddisfattorie a suffragio dell’anime sante del purgatorio, prego Vostra Reverenza di far ciò avvisati i suddetti, e di volermi scusare se io mi sono approfittato ed abusato della loro pietà. Potrà dire bensì ai medesimi che mi tengano nel numero di quei che più caldamente raccomandano al Signore ed a Maria SS.ma, ché non mancherò di fare io lo stesso nelle mie deboli orazioni.
Ora che avrà conosciuto il motivo per cui ho ardito incomodarla, spero vorrà compatirmi, e pregandola di vero cuore a raccomandarmi al Signore e massime alla sua cara madre Maria SS.ma, come seguito a fare io con le mie tre, e dal mio canto, povere Ave Maria, salutandola cordialmente, unitamente ai suoi discepoli, mi dico
Morrovalle, 12 gennaio 1857
di Vostra Reverenza
dev.mo umil.mo servo
Confratel Gabriele di Maria Addolorata
P.S. Laudate pueri Dominum ecc. Imbroglioni ecc. Per levarmelo d’attorno mi è convenuto permettergli di scrivere;
la R.V. [reverenza vostra] però risponda da Lettore [la nota è del maestro dei novizi].
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Sig.re Avv. Sante Possenti
Assessore Legale
in Spoleto
Car.mo Padre
Morrovalle, 8 marzo 1857
Sono subito a rispondere alla vostra carissima del primo marzo. Mi sembra che mal fondato è il vostro timore della mia salute, imperocché vi dissi che in ogni occasione, che mi fosse occorsa, di malattia o di altro, non avrei trascurato di farvene subito consapevole, tanto più che bene spesso ricevo visite o saluti, ora per parte di zio, di Teta, e di voi stesso, e quasi sempre faccio sì che siano restituiti i saluti, e sappiano buone nuove di me, operando ciò anche nelle lettere che scrivo.Ora io vi dirò che ottimo è lo stato di mia salute, poiché vado sempre più ingrassandomi, e che da che io mi trovo qui posso con verità assicurarvi non avere io, grazie al Signore, avuto alcun che di contrario, solo che due ore una sola volta del solito dolor di testa. Riguardo al cibo sto meglio che voi non crediate poiché oltre all’abbondanza, son cibi sani, essendo permessi anche i latticini. Io non ho ancora inteso qui neppure una giornata fredda quale posso dire avere inteso in Spoleto.
Il Signore mi prospera troppo, non lo merito per alcun riflesso.
Teta giorni sono mi mandò a salutare da un loro parente che si trova qui a Morrovalle, e ciò fece ancora un’altra volta per un altro parimente residente qui in Morrovalle, e mi fece avvertito, come voi, che dopo Pasqua sarebbe venuta a trovarmi insieme con Pellegrini. Lascio considerare a voi se un fratello gradisce rivedere parenti sì affezionati; ma prevedendo io che una tal visita potrebbe servirmi di grande disturbo all’anima, desidero che voi facciate i medesimi al più presto avvertiti, avere io gradito il loro buon cuore; ma che per tale ragione desidererei posposta ad altra circostanza (terminato il noviziato) una tal visita, tanto più che promisi a zia monaca (Teresa Maria Frisciotti) di portarmi a trovarla terminato il noviziato, altrimenti sarebbe a me impossibile poterla conoscere.
Bramerei, o mio caro padre, premuroso come voi siete della mia corporale ed eterna salute, che ciò glielo faceste bene intendere, poiché ho stabilito nel noviziato non volere avere tali divagamenti, e son deciso assolutamente di mantenerla per mia parte, esponendomi ancora a commettere qualche inciviltà. Non vi faccia specie un tale sentimento poiché non proviene se non che da un’anima miserabile, che cadendo tutto dì in miserie, vuol nondimeno togliere al suo nemico più che può occasioni, benché remote, di farla cadere in altrettante miserie. Non si susciti mai, però, alla vostra mente il pensiero essermi ciò dettato o soltanto consigliato dai miei superiori, i quali sarebbero indifferentissimi su tali cose e non porrebbero alcun ostacolo, ma bensì dalla mia fragilità e fermo proposito di non dar, per quanto potrò, spago al demonio. Perdonatemi, o caro padre, e vogliatemi compiacere.
Intesi da zio che tanto Cencio quanto Enrico poco o nulla studiano. Superfluo è a me il raccomandar loro una tal cosa; solo dirò con tutta schiettezza che tra i tanti rimorsi che mi dilaniano il cuore questi sono gli speciali: il poco studio, il non ubbidire massime nell’accompagnarmi, e l’aver sempre, o giocando o dormendo o facendo altre cose, recitato il rosario di Maria SS.ma. Queste tre righe servano ad essi di salutevole ricordo, e se le scrivano in luogo appartato.
olo aggiungerò, che alcuni compagni, massime secolari, che con belle maniere, col venire in casa, col farci ridere, si rendono a noi cari ed amici, ci conducono dritti all’inferno; e che, se vogliono essere sicuri del paradiso tengano alla mente queste parole: che chi ogni giorno reciterà con devozione il santo rosario, ed aggiungerà almeno 7 Ave Maria a Maria addolorata o lo Stabat Mater od altro, od almeno dirà il solo rosario – sono parole di santi – avrà un segno probabilissimo dell’eterna salute; e ciò potranno dire alla buona Pacifica, la quale s’incoraggi sempre più a seguitarlo con devozione; e siano ad essa obbedienti, perché lo esige il bene che ci ha fatto, e lo merita. Che se io avessi dato in tante cose udienza ad essa, starei assai meglio; e ciò basta.
Mi duole sentire che voi siate molestato dal solito male di nervi, ma non deve far molta specie, attesa l’incostanza della stagione che mi dite succedere costì, a differenza di ciò che succede da noi.
Da che è cominciata quaresima non ho ancora veduto zio, e perciò non saprei dirvi se sia andato a predicare o no; ma ritengo che non ci sia andato, imperocché credo bene che me l’avrebbe fatto sapere. Direte tosto ai genitori dei miei confratelli che stanno benissimo, ed in modo particolare Calandrelli, loro domandano la santa benedizione.
Direte particolarmente ad Enrico queste parole di un santo: che non gli rechi fastidio o noiail recitare ogni giorno l’ufficio divino, perché, oltre all’essere obbligato strettamente, se lui lo farà di buona voglia e avrà ogni giorno intenzione di lodare con quell’ufficio Maria SS.ma, che può farsi benissimo, poiché dice il beato Alano e tanti altri queste parole: “Ti sia segno assai probabile di eterna salvezza, se costantemente ogni giorno avrai salutato la beata Vergine nel salterio”. Noti però che questo ufficio è di Maria SS.ma, ma vale lo stesso per colui che dice l’ufficio divino con la sopraccitata intenzione.
Ricevete i saluti dei miei superiori, massime del Padre Maestro e Vice Maestro. Raccomandatemi e fatemi raccomandare continuamente al Signore ed a Maria SS.ma perché ne ho estremo bisogno. Ritornate i miei saluti a tutti quei che hanno avuto la bontà di salutarmi, massime ai religiosi miei conoscenti, e salutandovi di vero cuore unitamente a tutti di casa e chiedendovi la santa benedizione, mi dico
vostro aff.mo figlio
Confratel Gabriele dell’Addolorata
novizio passionista
P.S. Non mancherò di pregare con le mie deboli orazioni, il Signore e Maria SS.ma per l’anima da voi a me indicata; come ancora di raccomandar voi, o carissimo padre, e tutti di casa sia vivi che defunti. Si ricordino Enrico e Cencio di ciò che promisero a Maria SS.ma e a Padre Bompiani, di recitare, cioè, la mattina a mezzogiorno e la sera l’Angelus Domini, e sestaranno per la strada od altro sito non si vergognino di cavarsi il cappello; che se ciò faranno, e vinceranno il rispetto umano, siano sicuri della protezione di una sì gran cara Madre in vita ed in morte. Se poi vogliono conoscere chi è Maria ed affezionarsi a Lei per quanto loro è cara la salute dell’anima, leggano il libro intitolato Le Glorie di Maria di S. Alfonso e conosceranno chi è questa pietosa madre. Quando mi risponderete spero avranno già fatto ciò, e loro piacerà, essendovi almeno un centinaio di specialissimi esempi. Prendetevene cura voi, o buon padre.
P.S. Nel chiudere la lettera ho saputo non essere zio andato in alcun luogo a predicare. Desidererei che al più presto o per la posta affrancato, o per altra occasione, se vi fosse, mi mandaste qualche numero di copie del libretto del Cuor di Gesù stampati costì. Per meglio ottenerli vi potrete dirigere o ai Gesuiti od a Sparvoli. Insieme a questo mi potrete mandare un cartello delle regole del medesimo Cuore che lasciai, domandando però licenza a Padre Casanuova, essendo suo, e se non si trovasse, bramerei si ricopiasse. Vogliate compiacermi al più presto e ne resterò molto soddisfatto.
Car.mo Padre
Morrovalle, 23 maggio 1857
Son pochi giorni che ho ricevuto una lettera di Michele dove, oltre il darmi sue buone notizie e che tra poco sarebbe di ritorno a voi, mi diceva che eravate angustiato per non vedere mie notizie. Ma quali notizie ho a darvi, o papà mio, mentre, grazie a Dio non avverandosi alcuna delle condizioni a voi esposte per cui tosto mi muoverei a scrivervi, la mia vita è un continuo godere, i giorni, anzi i mesi, passano rapidissimi, e troppo bene si sta al servizio di un Padrone, e di una Padrona che giornalmente ripagano assai bene i servi, oltre la paga eterna che spero nella loro infinita misericordia vorranno concederci. Oh, come a tal pensiero ogni cosa benché all’apparenza sembri amara, diventa piacevole e desiderabile! Che grande grazia è abitare nella casa di Dio; come sa bene ripagare il Signore i suoi servi anche di qua, a differenza del mondo, che, oltre che quei miseri e fugaci piaceri e contenti (che con non senza poca fatica si cercano e guadagnano) che egli stentatamente concede, e che sono attossicati da un veleno infernale, riserba poi a vuotare il calice con tutta la sua feccia al punto terribile della morte, in caparra di ciò che tiene preparato per i suoi seguaci in eterno.
Ora in qualche modo comprendo quelle frasi, che sentivo assai spesso e da voi e dai maestri e da altri, che mi sembravan frasi comuni di poco senso; adesso comprendo allorquando, parlandosi di uno si diceva che, entrando nella religione, meliorem partem elegit (siè scelta la parte migliore, Lc 10,42) che aveva afferrato il porto, che si era sottratto alla tempesta, che aveva sfuggiti i molti lacci e, quel che è peggio, nascosti del mondo demonio e carne, e tante altre cose. Felice colui che a un tale stato è chiamato e tosto corrisponde.
Io sono aggregato al Cuor di Gesù, alla Congregazione, alla Madonna del Carmine, ed al Preziosissimo Sangue giù a S. Gregorio. Desidererei dunque che Enrico andasse dal Priore Speranza, da P. Bartolomeo, dal Direttore della Congregazione, o dal P. Casanuova e farsi dire da tutti l’obbligo a cui strettamente incorre chi a tali ascrizioni si associa, ottenendo qualche dispensa, se si può, massime per i 7 Pater Ave Gloria del Carmine in una devozione più piccola, avendo mira che un religioso non può avere tante cose; e farsi fare da ognuno una notarella ristretta di ciò che deve farsi per soddisfare a tutto; che Enrico faccia tutto con regola e chiarezza senza pericolo di lasciar alcun dubbio.
Notare che per l’ascrizione al Preziosissimo Sangue dovrei pagare 5 baiocchi all’anno. Combinate tutto con Speranza. Sappiatemi dire se l’abito religioso supplisce all’abitino del Carmine. Desidererei la pagella dell’aggregazione unitamente a qualche altra copia dei libretti del Cuor di Gesù, poiché, come Enrico ben sa, non si può formare neppure un’aggregazione, abbisognandone nove; mandandoli, mandate di quei che sono stampati costì essendovi aggiunta, senza però incorrere in qualche spesa.
Come studiano i fratelli, come sono ubbidienti? Con che premura attendono al solo importante fine dell’eterna salute? Come sono devoti di Maria SS.ma addolorata, si ricordano mai dei suoi dolori, praticano una devozione stabile a questa pietosa Madre, massime quella del santo rosario? Ah, che in ogni miseria, tentazione, tribolazione etc. il pensiero di avere una devozione stabile a questa Madre fa trovare tosto un conforto! Maria è l’unica scala per salire alla felice eternità.
Desidererei che teneste assai di conto ed ossequiaste in qualche modo quell’immagine di gesso della Madonna addolorata che avevo io, e questo può essere il ricordo che potete avere di me, assai a me gradito e più ancora a Maria santissima.
Son pochi giorni che passò di qui il sommo Pontefice (Pio IX); ed essendo messo a nostra scelta il volere vedere, non ce ne siamo curati.
Da quello che io posso rilevare, quest’anno si spera che il Signore vorrà darci un abbondante raccolto; le viti ancora vanno bene. Salutatemi tutti quei religiosi miei conoscenti e tutti quei che domanderanno di me, massime parenti, i fratelli, Pacifica; salutatemi zio. E pregandovi della paterna benedizione, sono […]
vostro aff.mo figlio
Confratel Gabriele di Maria Addolorata
[Questa lettera è forse parte integrante della lettera precedente]
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Sig.re Avv. Sante Possenti
Assessore Legale in Spoleto
[Carissimo Padre] come sta all’Eremita di Cesi [non è una persona, ma il nome di un convento nei pressi di Terni], al quale dichiarai la mia vocazione, e scrivetegli che, benché conosca che anche per le sue preghiere il Signore si sia mosso a compassione di me, pur nondimeno non tralasci di raccomandarmi anche adesso che ne ho estremo bisogno.
Raccomandatemi e fatemi raccomandare continuamente al Signore, massime nei sacrifici della messa, nelle comunioni, ché io non mi scorderò mai di voi e di chi continuamente e particolarmente mi raccomanda al Signore.
Quando scrivete a Michele ditegli che torni più volte dal P. Tedeschini, ché oltre che ne potrà ricavare per sé, farà ancora per me cosa gradita. Me lo saluti di vero cuore; che non si scordi di me, come io non mi scorderò mai di lui.
Ricevete i saluti dell’ottimo mio P. Maestro e Vice Maestro. I miei compagni stanno bene. L’eterno divino Spirito in questi giorni scenda sopra di voi e dei fratelli, vi porti quello spirito di verità, spirito di consolazione, spirito di pace, caparra dell’eterna salute, e quella Madre santissima, pietosissima, tutta bontà e compassione verso le nostre miserie, vi rimeriti ed abbondantemente vi ripaghi quella tutta particolare cura e sollecitudine che avete avuto per la nostra salute ed educazione, e speriamo tutti un giorno vederci ricoperti dal manto di una sì amorosa Madre; confidiamo in Lei e siamo sicuri.
Chiudo la presente pregandovi della paterna benedizione e baciandovi la mano, mi ripeto con tutto l’affetto
vostro aff.mo figlio
Confratel Gabriele di Maria Addolorata
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signore Avvocato Sante Possenti
Assessore
Spoleto
Car.mo Padre
Morrovalle, li 6 agosto 1857
Le vostre replicate lettere, per sapere lo stato della mia salute e le mie notizie, mi obbligano a rispondervi, benché non ami tanto spesso per non distrarmi; ma lo faccio per esortarvi a far disporre santamente, nella dolcissima ricorrenza dell’Assunzione di Maria SS.ma al cielo, i miei fratelli, perché la nostra buona Madre si degni un giorno trasportarci tutti con Lei nei celesti tabernacoli, concedendoci fin d’ora il distacco dalle cose terrene e dalle creature; benché io, per i meriti della mia stessa buona Madre, mi senta quasi del tutto distaccato.
Non posso farvi comprendere quanto desideri l’eterna salute dei miei fratelli; e perciò insisto, papà mio, perché si accostino spesso ai santi Sacramenti, fuggano le cattive compagnie, e siano a voi docili e ubbidienti.
Vi raccomando la statuetta di Maria addolorata, che mi era stata cara e che vi detti per memoria, quando lasciai casa. Salutatemi i miei fratelli e voi, papà mio, beneditemi
vostro aff.mo figlio
Confratel Gabriele dell’Addolorata
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Sig.re Assessore Sante Possenti
Spoleto
Car.mo Padre
Morrovalle, 2 settembre 1857
Nella settimana scorsa venne zio a trovarmi, il quale, dopo aver discorso della mia ottima salute, mi disse avergli voi scritto intorno a ciò che io avevo risoluto, ed insieme mi fece intorno a ciò qualche domanda; al quale io, in presenza del mio ottimo P. Maestro e di un altro Padre Cappuccino, risposi “Essere io contentissimo dello stato abbracciato, e nello stesso tempo risolutissimo, con l’aiuto di Dio e con la protezione della mia cara avvocata e Madre Maria, di fare la santa Professione”. Egli mi disse che tosto vi avrebbe scritto, ma, siccome ha moltissimi affari, ed è obbligato spesso ad andar fuori, gli sarà accaduta una simile combinazione.
Io ben mi ricordo, o affezionatissimo padre, della promessa fattavi di ritornare alla casa paterna quante volte conoscessi non essere io chiamato dal Signore a questa religione. Ma è possibile, o caro padre, di lasciare un tanto amabile Padrone, quale è Gesù Cristo, ed una tanto amorosissima Padrona, quale è Maria, che, benché io servo indegnissimo e inutile non tralasci di continuo disgustare i loro sacri Cuori, pur nondimeno mi fanno conoscere essere essi i dispensatori della vera allegrezza e felicità?
Non meritavo, ma bensì indegnissimo di una tanta grazia. Iddio solo lo sa se io parlo di cuore. Il desiderio che voi avevate di rivedermi, se aveste potuto, o premuroso padre, mi ha ppagato appieno, ancorché non vi sia dato il rivedermi nella circostanza della Professione, la quale, con l’aiuto divino, avrà luogo, insieme a Gismondi e ad un altro, il giorno dopo la festa della Madonna addolorata.
Non saprei dirvi in quale ritiro sarò destinato, poiché non sta a deciderlo né al P. Maestro, o altro superiore di questo luogo, ma bensì al P. Provinciale; ma mi dice il P. Maestro che fino ai primi di novembre non mi muoverò di qui, dovendo aspettare altri confratelli che faranno in tale epoca la Professione, a ragione dello studio.
Se io non potrò vedervi, o carissimo padre, non dubitate, che vi rivedrò, se non corporalmente almeno spiritualmente, innanzi al SS.mo Sacramento, e nei dolori di Gesù e diMaria, come spero che vorrete voi fare lo stesso. E benedicendo il Signore insieme a Maria SS.ma queste visite, potremo ottenere quel soggiorno felice ed eterno per mai più separarci; lo stesso dite ai fratelli.
Sono a chiedervi una carità, persuasissimo che voi non me la negherete, essendo questa la prima e l’ultima che nel corso della mia vita, benedetto dal Signore, vi chiedo, non avendosi bisogno in questa santa religione di cosa alcuna. Io mi trovo di aver fatto promessa alla mia cara avvocata e madre Maria SS.ma, se mi avesse fatto giungere a questo giorno sì bello e desiderato, ed insieme benedetta la santa professione, di suffragare in qualche modo le anime sante del purgatorio. Desidererei adunque che passaste la somma di scudi 10, dico dieci, al P. Guardiano di Monte Luco il quale, contemporaneamente a questa lettera, è stato avvisato in che deve impiegarli.
Sicurissimo che mi vorrete compiacere in quest’ultima mia volontà, per avere tante volte sperimentato e veduto la prova su di me e di tutti i fratelli del facile modo con cui ci compiacete in ogni cosa, molto più sono sicuro mi vorrete compiacere in questa, e però ve ne anticipo i ringraziamenti. Maria SS.ma poi ci penserà.
Enrico potrà sbrigare al più presto la cosa senza far sapere niente a nessuno. Salutate Gismondi e ditegli del figlio. Non crediate già che io mi scordi sì di voi come dei fratelli e di quei per cui sono obbligato di pregare nelle mie deboli e indegne orazioni, e però vi prego a voler fare altrettanto con me, e a far fare ancora da altri, massime in questa circostanza.
Dite ai fratelli che in queste vacanze facciano una visita a Gesù sacramentato e a Maria SS.ma addolorata; e che non si divaghino troppo, ma che siano fedeli alle promesse fattele di un qualche ossequio. Salutate tutti. Mi dico
aff.mo figlio
Confratel Gabriele di Maria Addolorata
Ricevete i più distinti saluti del mio ottimo P. Maestro.
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Avv. Sante Possenti
Assessore in
Spoleto
Car.mo Padre
Morrovalle, 27 settembre 1857
Resterete forse meravigliato per non avere io risposto fino ad oggi alla vostra carissima del 13, ma posso dirvi che fino al giorno dopo la Professione non avrei potuto scrivere, essendo io stato occupato nei santi Esercizi, e che, avendo io scritto il giorno 23, non fui più in tempo di mandarla.
Martedì, mercé la grazia di Dio e la protezione della mia addolorata madre Maria, con indicibile mia allegrezza e consolazione furono appagati i miei desideri, e feci la santa Professione. Una tanta grazia, carissimo padre, non si può mai apprezzare quanto merita, e però, essendo io stato da Dio privilegiato per una tal grazia, mi cresce sempre più l’obbligo di corrispondere, e perciò lascio a voi considerare se io abbia bisogno o no delle vostre ed altrui orazioni. Iddio e Maria SS.ma abbiano benedetta questa mia Professione, e ricolma delle loro grazie.
Riguardo alla somma di scudi 10, intorno a cui volevate sapere il mio sentimento, che volete che io vi dica; il desiderio sarebbe stato quale io vi scrissi, e tuttora seguita ad essere il medesimo; ciò nonostante fate ciò che Iddio v’ispira. Solo vi fo riflettere che, qualora voi voleste eseguire il vostro divisamento, ne facciate avvisato il P. Guardiano, avendo io scritto al medesimo due mie lettere affermative.
Mi parlavate poi nell’ultima vostra della gita in Monte Giorgio, presentandosi ormai il tempo in cui ciò potevasi effettuare. Bramate, o caro padre, che io vi parli schiettamente, come la sento in me stesso e senza alcuna alterazione del mio interno e spontaneo sentimento? Or vi dirò che una tal visita non la vedo per alcun riguardo necessaria, e non solo ciò, ma incompatibile al mio stato presente, e forse di danno al mio spirito.
Vi dirò di più che tra noi Passionisti non si usano tali gite, neppure tra gli anziani; ora, con qual faccia avrò io a presentarmi al superiore e chiedere, io che sono così fresco di professione, ciò che non chiedono i più provetti in età? Presentandomisi, poi, una qualche occasione di dover passare per una tale città, od ancor vicino, molto più che tra giorni si aprirà una nostra casa a detta città, allora potrò approfittarne, né mi sarà negata una tale licenza.
Io non cesserò di raccomandare tutti quei che si sono raccomandati alle mie fiacche orazioni, e particolarmente voi, al Signore ed a Maria SS.ma, sicuro che farete altrettanto. Salutandovi insieme ai fratelli, e chiedendovi la santa benedizione mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria Addolorata
P.S. Ritorno centuplicati i saluti che m’inviava Calandrelli, al quale direte che lo vorremmo avere avuto compagno delle nostre consolazioni del memorando 22 settembre; ma in cielo non era scritto così: noi, benché più immeritevoli, siamo stati i privilegiati. Gradite ancora i saluti dei miei ottimi PP. Maestro e Vice Maestro.
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Avv. Sante Possenti
Assessore in
Spoleto
Car.mo Padre
Morrovalle, 15 novembre 1857
Perdonatemi, o premuroso padre, se vi dico essere mal fondato il vostro timore riguardo alla mia salute, primieramente perché così bene come sto da che misi piede in questo sacro ritiro non vi sono mai stato in tutto il tempo della mia vita; secondariamente perché mi ricordo avervi io scritto che, non vedendo mie lettere, dovevate pensare sempre bene intorno alla mia salute. Da ciò potete comprendere qual sia il mio stato.
Prima che passi innanzi, vi dirò, da parte del mio P. Maestro, che, riguardo a quell’uomo che vi si presentò in casa sotto nome di ortolano di questo ritiro, non è vero affatto che egli sia stato né l’ortolano di questo, né del ritiro vicino a questo; e però vi serva di regola, imperocché non vorrei che sotto un tal mentito nome abbiano a commetter qualche impulitezza, non essendo questa la prima volta che succedono simili casi.
Riguardo allo studio, vi dirò che presentemente, e forse tutto l’inverno, lo passeremo qui fino a tanto che non vengano nuovi novizi; e che, in quanto all’esser stabiliti altrove, si vocifera che sia Pievetorina sotto Camerino. Lo studio presente versa sull’esercizio della latinità.
Godo delle notizie che mi date di tutti e quattro i fratelli. Salutatemeli cordialmente quando loro scriverete. Ricordate ai medesimi il fine a cui devono tendere, massime con i loro studi e non vi sia disaggradevole il ricordare loro da mia parte con parole veramente da padre, quale sempre avete fatto, una ferma e stabile devozione ai dolori di Maria SS.ma addolorata, di modo che bramino piuttosto perdere qualsiasi cosa che andare la sera a letto senza avere ossequiato con un qualche ossequio sì benigna e misericordiosa Madre.
O papà mio, adesso sì che, leggendosi da noi ogni giorno nell’ufficio od altro tempo qualche vita di santo, mi accorgo che tanti e tanti con una di queste devozioni, benché tiepidi e indegni, si sono guadagnati il cuore di quest’amorosa Regina (facile a darlo a chi glielo chiede), ed in tal modo son giunti ad essere santi. Quanti con 7 Ave Maria, con uno Stabat Mater, con una coroncina, un officiolo od altro, sono stati cavati perfino dalle mani del diavolo.
Oh, se avessi tempo!… non crediate già che ciò dica o per una qualche velleità od altro fine, ma soltanto premuroso della nostra comune salute.
Ricordate poi a Vincenzo in modo particolare che per carità non si accompagni con nessuno, ancorché compagno di scuola, se non sia veramente uno specchio, e non vi contentate, o papà mio, di fare come facevate con me di raccomandarlo, forse ogni giorno; ma prendete misure, fate passi, caro padre: non teatri, non conversazioni, sotto qualunque pretesto, imperocché sono, è vero, ben persuaso che non sono tutti come sono io, ma, oh Dio, quanti sospiri mi fanno dare tali cose! e posso dirvi sinceramente che, da che io cominciai a frequentare tali luoghi, non più studiavo, ero pieno di raggiri. Ed oh! in quali abissi sarei sicuramente andato a cadere se Maria, benigna anche con chi non l’invoca, nell’ottavario della sua assunzione non accorreva. Non vi fate smuovere, o papà mio, per quanto amate la salute dei vostri figli, sotto qualunque pretesto.
L’altra cosa, che io piango e sospiro, si è quei libri, maledetti romanzi; non li avessi mai letti; sembravano innocenti, ed erano tanti diavoli.
Maria certamente mi ha ispirato queste poche righe; mi arrossisco a scriverle, è vero. Affezionato padre, perdonatemi, non spettava a me ciò. Perdonatemi, Iddio così ha voluto. Spero non mi sarà negato farla a voi giungere. Non dubitate che non tralascerò giammai di raccomandare sia voi che i fratelli, Pacifica, tutti quei che si ricordano di me nelle loro orazioni. Salutatemi tutti. Fate fare qualche orazione per me. Vi ringrazio per quanto avete fatto col P. Guardiano di Monte Luco. Domani si celebra la festa del nostro Fondatore. Spero il Signore e Maria SS.ma vorranno esaudire le mie deboli preghiere. Vi chiedo la santa benedizione e mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
Auguri natalizi, garanzie sulla salute.
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Sante Possenti
Spoleto
I.X.P.1
Car.mo Padre
Morrovalle, 20 dicembre 1857
L’annuale ricorrenza, che la santa Chiesa celebra nella nascita del nostro Signore Gesù Cristo, m’invita con tutti i fedeli ad augurare scambievolmente quei beni di cui il medesimo Gesù fu apportatore. Ora se tanto costumasi tra un prossimo e l’altro, tra fratello e fratello, quali saranno gli auguri di un figlio verso un affezionato genitore? Non mi dilungo in complimenti, in vani desideri, no; solo desidero che il caro Bambino e l’amabile sua Genitrice si degnino esaudire i miei desideri tanto verso di voi quanto verso tutti di casa.
Ricordate pure ai fratelli che all’appressare di questa festa gioiva, sì, il mio cuore, ma di una bugiarda e falsa gioia, poiché io tali giorni desideravo come ridondanti di giochi, di passatempi ed altro, e massime la vigilia e la notte di un tanto giorno. Oh cieco! operavo tutto il contrario. Ciò serva loro di regola. Gesù e Maria esaudiscano i miei voti.
Io mi trovo in un ottimo stato di salute: non ho che desiderare. Tutto quest’inverno facilmente lo passeremo qui come vi accennai nell’altra mia. Una cosa ho a dirvi che può servire a vostra tranquillità, cioè che io sono quello che più spesso di tutti scrivo lettere, e che ciò, a dirlo chiaro, da noi non si usa; che se non vedete così spesso mie lettere, state pure tranquillo, poiché ad ogni occorrenza non mancherei di scrivere.
Augurate i miei saluti unitamente alle sante feste a tutti di casa, Pacifica, ed in particolare al P. Casanuova, ai Padri Filippini ed a tutti quei della famiglia a cui scriverete.
Raccomandatemi al Signore, poiché neppure io mi dimenticherò nelle mie deboli orazioni di voi e di tutti di casa, e chiedendovi la santa benedizione ed augurando a tutti ancora un buon anno sotto la protezione di Maria addolorata, mi dico vostro aff.mo figlio
Confr. Gabriele di Maria Addolorata
I.X.P.: Iesu Christi Passio, Passione di Gesù Cristo.
I.X.P.
Car.mo Fratello [Michele Possenti]
Morrovalle, 31 dicembre 1857
Non comincerò la lettera con auguri, come in tal circostanza si dovrebbe, ma aprendoti sinceramente il mio cuore come a un fratello si deve. Che ti ho a dire (non vorrei mettere in agitazione il tuo spirito); ma quelle tue parole: “Mi farai una dettagliata descrizione della tua vita, desidero una tal cosa ardentemente”, mi hanno fatto impressione, e non ho cessato da quel momento di raccomandarti in particolare al Signore e a Maria SS.ma, come ancora non cesserò con il loro aiuto di farlo.
Fratello mio! e sarebbe forse vero che anche per te fosse giunta quell’ora felice e beata che spuntò per me assai più di te immeritevole? E perché non credere che Colei, che viene sì giustamente detta “Refugium peccatorum”, non abbia volto verso di noi le sue misericordiose pupille? Io lo spero, e se ciò fosse, non mi rimane altro da dirti: surge et veni (alzati e vieni, Ct 2,13).
Non prendere esempio da me che, chiamato dal Signore, sono andato di giorno in giorno procrastinando, no, ma se una voce ti chiamasse, non dubitare un istante, non ne far parola, getta dietro le spalle le scienze, i parenti, ed il mondo, e metti mano all’opera. Non ti lusinghi il demonio con dirti: pensaci prima, no, ma tosto partiti da tutti e segui Gesù. Se io avessi aspettato qualche altro momento forse non mi troverei dove mi trovo.
Ricorri a Maria, e se Lei ti avesse impetrato una tal grazia, ricompensala in qualche modo col fare ai suoi piedi un sacrificio di tutto, dicendole, e di ciò non te ne dimenticare: dono tutto a voi scienze, parenti e sostanze e tutto. Mettiti sotto il suo manto e fuggi con Lei.
E se una tale contentezza fosse riservata ad un fratello che ti ama con amore sincero, scrivimi tosto perché io stesso posso incaricarmi di tutto presso questo nostro Provinciale.
Se però io mi fossi ingannato, e non conoscessi, con gli occhi però sempre dello spirito riguardando la cosa, non conoscessi, dico, in te una tale chiamata, fa conto come se ciò io non ti avessi scritto. Questo è ciò che io sento nel cuore, e però spero che sarà da te preso in buona parte.
Passo ora a dettagliarti la mia vita: prima di tutto credo bene premettere che nella nostra religione vi si trova vita comune perfetta, di modo che il suddito non si prende nessun pensiero di sé, né per il vitto, né per il vestito; di tutto è provveduto dal rispettivo superiore, il quale ha lo stesso pensiero che ha un buon padre di famiglia nella propria casa, rispetto ai figli. Di più, i Passionisti non hanno entrate di sorta alcuna, ma vivono di pure elemosine; ti assicuro peraltro che, grazie al cielo, non ci manca niente, poiché il Signore ci provvede abbondantemente.
Ciò premesso ti descrivo in succinto l’orario della notte e del giorno.
La sera pertanto, quando prima, quando dopo, secondo la stagione, si va al riposo, e dopo 5 ore ci leviamo per cantare in coro il mattutino, il canto del quale ordinariamente dura un’ora circa, e a questo segue una mezz’ora di orazione mentale; si torna poi di nuovo a riposo, il quale dura l’inverno tre ore, due e mezza l’estate; ci leviamo la mattina, andiamo a dire le ore canoniche di prima e terza e si ascoltano due messe; si torna in camera, si dà sesto alla medesima, e si va a prendere qualche cosa; si torna in camera ed ognuno impiega un due ore e mezza e più nel rispettivo impiego, o di studiare, o di comporre, o di confessare od altro, secondo i propri uffici.
Si passa quindi a fare un quarto di lezione spirituale, terminata la quale si va per mezz’ora a passeggio; si torna in coro a dire le altre due ore di sesta e nona, poi si va a pranzo (e qui mi sia lecito aggiungerti, che noi abbiamo oltre la quaresima e l’avvento di digiuno, tre giorni della settimana, cioè mercoledì, giovedì, sabato, ma non già digiuno da cappuccino, ma bensì son permessi i latticini; ed il pranzo, eccettuato il venerdì, consiste sempre in una minestra e due altre cose, e quasi sempre la frutta oltre il formaggio; soltanto nelle sere di digiuno vi è un solo piatto. Dal che puoi argomentare che, benché si viva di pure elemosine, grazie alla divina Provvidenza non ci manca niente).
Terminato il pranzo vi è quasi un’ora di ricreazione, poi si passa ad un’altra ora di riposo; levatisi, si dice vespero e si fa circa un quarto di lezione spirituale comune, si passa poi, come la mattina, per un altre due ore a fare il proprio impiego, terminato il quale vi è un’altra mezz’ora di passeggio (nei giorni però di giovedì, domenica e molte altre feste vi è tutto passeggio terminato il vespero). Tornati si dice compieta, un’ora di orazione, si va a cena; nell’inverno seguono tre quarti, nell’estate un’ora di ricreazione; si dice il rosario e così si termina con gioia, prestezza, e alacrità la giornata; ed oh, che dolce riposare col pensiero di aver servito nel corso della giornata il Signore, benché indegnamente! che sonni dolci e tranquilli, non disturbati da timori, premure, ansietà, e neppure dalla stessa morte, non potendoci questa se non levarci da questa valle di miserie, sperandosi di essere in grazia del Signore.
Termino con dirti che anch’io ho provati quei divertimenti, passatempi che può dare il mondo ingannatore. Ti so dire che una sola aspirazione verso Gesù o Maria da loro benedetta dà più consolazione che non tanti inganni e miserie del mondo.
Ricordati di quell’immagine miracolosa che tante volte ci ha ricordato papà, che, se ben mi ricordo, è detta della Pietà; portati ad Essa, consigliati con Lei, e dille che papà ricorse a Lei e non è rimasto confuso, e neppur te rimarrai tale […]. [potrebbe mancare circa metà della lettera perché mancante del secondo foglio]
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Morrovalle, 7 marzo 1858
Son tosto a rispondere alla vostra carissima con dirvi che zio non è andato a fare quaresimale alcuno, che anzi giorni sono venne qui e parlò col P. Maestro di una procura che dovevo fare; ma non si spiegò bene, onde credette il P. Maestro che fosse una cosa che si potesse fare in paese; ma conoscendo ora come stia una tale cosa, posso dirvi il mio sentimento e quello del P. Maestro. Bramerei tosto sapere se sia affatto indispensabile una tale gita in Fermo, o possa farsi altrimenti. Imperocché il P. Maestro, e molto più io, desidereremmo schivare una tale andata; che se la cosa potesse combinarsi per mezzo di un mio scritto firmato dal bollo della religione, ovvero trattarsi presso il Vicario Foraneo di questo luogo, o per qualsiasi altro modo, lo avrei molto a caro; che se poi la cosa fosse affatto indispensabile il mio Padre Maestro non ha alcuna difficoltà a condurmi colà.
Con mio dispiacere ho inteso le due malattie, sia vostra che di Vincenzo, ma spero che, al giungere della presente, sia piaciuto al Signore di concedervi perfetta sanità. Sia fatta sempre la sua ss.ma volontà.
Ringrazio il Signore che ha disposto la vostra giubilazione [Sante Possenti, dopo circa quarant’anni di onorato servizio allo Stato Pontificio, ormai anziano e segnato da problemi di vista e di udito, era andato in pensione e il Santo, altrove, gli consiglia che domandi ai figli di leggergli qualcosa].
Meno intrighi vi sono, e più si può attendere all’ultimo unico fine, dove, dopo la breve fatica di pochi giorni, aspettiamo da un Signore onnipotente e liberale l’eterna giubilazione e pace. Maria SS.ma sia la nostra avvocata ed interceditrice per tutti noi di una tanta grazia.
Non mancherò di raccomandare sia voi che tutti di casa, vivi e defunti, al Signore ed a Maria addolorata nelle mie deboli orazioni. Così fate tutti per me. Io mi trovo benissimo.
Salutatemi tutti, e chiedendovi la santa benedizione mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
Il Signor Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Morrovalle, 2 maggio 1858
Non ho risposto prima a ragione del decreto e procura che vi rimetto. Ho adempiuto a quanto da me richiedevate. Mi domandavate un consiglio riguardo al vostro stabilimento in qualche città. Che ho a dirvi? Io non vi vedo alcunché in contrario sulla vostra proposta di domiciliarvi in Roma, molto più che ivi tutti e tre i fratelli possono sotto i vostri occhi esercitare i loro uffici. Ma voi poi dovete esaminare se tale aria vi si affà, tanto più che nell’estate potete portarvi in qualche luogo circonvicino per sfuggire i calori di Roma.
Riguardo allo stato di Vincenzo né voi mi avete richiesto consiglio, né io oso darvene.Solo vi prego e scongiuro a non riguardare tanto i guadagni terreni quanto quelli dell’anima, poiché “che cosa giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?
Una sola è la cosa di cui c’è bisogno” (Mt 16,26; Lc 10,42). Gesù Cristo stesso ce lo avvisa, e però vi raccomando che sia un’arte onesta, e non tale che vi possa correre pericolo l’anima.
Padre mio, se io non scrivessi a voi, potrei tralasciare siffatte cose; ma poiché dopo la salute dell’anima mia, bramo, chiedo la vostra, e quella dei miei congiunti, perciò col cuore sulle labbra vi raccomando non permettete che alcuno dei fratelli si porti a teatri, e conversazioni; e non valga la scusa di un poco di divertimento, non vi è alcun male, son persone buone; no, papà mio, anche io ho inteso in casa tali parole, e pure Dio sa quanto tali cose mi sono state fatali. No, lo ripeto; no, per carità, che oggi non vi è più da ammettersi una tale scusa. È possibile che i fratelli, giacché siamo nel mese mariano, non vorranno fare un tale fioretto a Maria?
Se partite, vi raccomando l’immagine di Maria SS.ma addolorata; onoratela più che potete, e non dubitate che ne proverete i benigni soccorsi. Io sto troppo bene. Forse nella corrente stagione ci porteremo a Pievetorina. Ricevete i saluti dei miei superiori. E di vero cuore mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria Addolorata
P.S. L’importo sta al margine dell’uno e dell’altra.
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Morrovalle, 27 maggio 1858
Veramente metto la penna in carta con un poco di scrupolo, vedendomi io unicamente solo che così spesso scrivo; questo basta per togliervi da ogni ansietà. Vi accuso la ricevuta dei denari a voi noti; e se starò qualche tempo, salva sempre qualche disgrazia, non vi faccia specie.
L’efficacia della devozione al sacro Cuore di Gesù, che si va sempre più dilatando, mi spinge a chiedervi in titolo di carità un numero quale a voi piace di copie di una tale devozione, per poterla dilatare. Non vi assegno il numero; solo vi fo conoscere che per ogni aggregazione ci vogliono nove libretti, come ad Enrico è ben noto. Dunque mi rimetto alla vostra carità, che vorrete fare ad un figlio, facendovi riflettere non essere ciò per voi senza merito. Presso codesta libreria pure sono stampati. Su di ciò ve ne anticipo i ringraziamenti.
Potrete rimetterli come a voi piace, a scanso sempre della posta.
Gradirei che oggi stesso Enrico si procurasse il libro intitolato L’Amor di Maria del P. Roberto eremita camaldolese di Monte Corona, e ciò potrà farlo presso qualche frateria, ché la troverà facilmente. Questo è una continua serie di miracoli ed esempi assai dilettevole a leggersi, e vorrei che un fratello ve lo leggesse ogni giorno in camera, ascoltandolo tutti quelli che potessero, onde conoscere così Maria e quanto essa possa per noi.
Enrico poi tosto prudentemente si adoperi affinché sia letto in congregazione. Se ciò ardentemente desidero, ve lo dica la brama che ho della vostra salute. Ma non molto minore è il desiderio che non si risappia affatto per carità avervi io ciò scritto: la ragione non posso dirvela. Solo vi accenno che ne potrebbero venir delle conseguenze. Pensateci voi ad inculcarlo ai fratelli. La Madonna ve la ripagherà.
Io sto benissimo. Ricevete i saluti dei miei superiori, e chiedendovi la santa benedizione mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria Addolorata
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Pievetorina, 2 agosto 1858
Suppongo che già per mezzo di zio avrete conosciuto il mio traslocamento in Pievetorina, dove abbiamo cominciato lo studio della filosofia, perciò su di ciò non mi distendo; sono però a pregarvi che al più presto possibile mi rimettiate, se così vi piace, unitamente a quei libretti del sacro Cuore di Gesù, le seguenti cose: il libretto intitolato “Il mese di Maria Addolorata” che sta confuso con gli altri libri sopra il tavolinone; il 1. cartello di filosofia che imprestai a Mariani, con l’ultimo della stessa filosofia che lasciai; l’istruzione e formule per ascrivere alla Madonna del Rosario e Addolorata, e per meglio in ciò riuscire si può portare Enrico dai Domenicani e Serviti e farsi dare, oltre l’elenco degli obblighi e delle indulgenze annesse a tali ascrizioni, una distinta notizia intorno al benedire sia le corone che gli abitini, le suddette formule, e una dichiarazione di tutti quei dubbi che possono succedere sia nella forma e requisiti degli abitini, sia ancora nel poter esentare, o commutare in altro, gli obblighi annessi alle suddette; facendo notare ai superiori delle due dette religioni che il sacerdote, che desidera queste cose, non ha altro che le facoltà per poter benedire e ascrivere, perciò abbiano la pazienza di esaminare ciò che manca, onde possa tutto farsi con la migliore precisione. Ciò che ho detto della Madonna addolorata e del rosario, intendo dirlo anche del Carmine; facendo rilevare a P. Bartolomeo che quando io mi ascrissi mi ingiunse, per quanto mi ricordo, 7 Pater Ave Gloria. Ora, non potendo giornalmente adempiere ad un tale obbligo, vi prego significargli che dico però l’ufficio divino, opera ordinaria per la soddisfazione di tutti gli obblighi, e ciò gli può servire di regola.
Che se, per ovviare ogni dubbio o difficoltà, mi potessi di nuovo ascrivere, come se mai non mi fossi ascritto, lo avrei assai a caro, poiché, oltre l’indulgenza nel giorno stesso dell’aggregazione, quel sacerdote della nostra Congregazione munito di una tale facoltà può mettermi in chiaro i miei obblighi, e questi stessi commutarmi in caso di impossibilità, conoscendo appieno le mie occupazioni.
Su tutto vi prego a mandarmi una distinta e chiara spiegazione che non mi possa generare alcun dubbio. Se non vi è altra occasione pronta per una tal commissione (poiché la desidererei prima che spirasse il corrente mese), a mio parere potreste mandare per mezzo di qualche occasione attenente a Romoli, o a qualche altro di Camerino, pregandoli che tosto ricevutolo lo diano al postino di Pievetorina, il quale lo consegni ai Passionisti.
Io insieme a Gismondi ci troviamo benissimo. Salutatemi P. Bompiani e tutti di casa, e vi prego a non dimenticarmi giammai nel santo rosario, che voglio credere per nessuna circostanza abbiate mai a lasciare, dicendo lo stesso a Pacifica; assicurandovi che neppure io mi dimentico di voi, e chiedendovi la santa benedizione mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
P.S. Il nome del sacerdote, presentemente mio Padre Lettore, richiedente tale facoltà e a cui potrete dirigere tale involtino, è Padre Norberto di S. Maria dell’Orto. Vorrei sapere se, per non stare a ribenedire gli abitini, colui che ha la facoltà di benedire può benedire la persona e così, guasto che sia un abitino, se ne possa indossare un altro senza bisogno di benedire. E se ciò può farsi riguardo tanto a quello del Carmine come gli altri, o se ad alcuno soltanto. Ricevete i saluti del mio ottimo Padre Lettore.
Car.mo Fratello (Michele)
Ti prego a mandarmi per mezzo di questa occasione insieme alle suaccennate cose, quel libro manoscritto da te composto, dove vi sono delle cose di fisica, grande come mezzo cantone di carta, dove vi è, per esempio, il modo di ripulire le cose, gli ottoni, le cose indorate etc. Se non te ne puoi espropriare mandalo poiché, al più presto copiate quelle cose che possono servire, te lo farò tosto riavere; fammi questo piacere e te ne sarò obbligato. Raccomando a te e a Cencio di non andare alle conversazioni e teatro. Non lasciar mai quella devozione che ti sei proposto di praticare a costo della vita. Confida in Maria. Vivi in pace.
Pacifica ti dirà il rimanente.
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signor Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Pievetorina, 19 dicembre 1858
Essendo già prossimo il tempo di pace, tempo di propiziazione, tempo di grazie, io qual figlio mi vedo tenuto ad augurarvi, o affezionatissimo padre, ma non già per complimento, od umana politica, con di vero cuore e con efficace desiderio che un tal tempo sia a voi e a tutti di casa un tempo benedetto da Dio, tempo di vera felicità, e di eterna e grata memoria.
Sì, o carissimo padre e fratelli miei e tutti finalmente di casa, Gesù venga a nascere nei vostri cuori; Maria con le sue preghiere ve lo mantenga in eterno, e Giuseppe ed i santi Angeli e pastori gli tengano compagnia ed intercedano per voi. Non vi auguro altro se non che questa sacra Famiglia vi prenda sotto la sua protezione.
Carissimo padre, io per grazia di Gesù e di Maria ho a tutto rinunziato, né mi posso trovar più contento di quel che sono; ma pure, conoscendo la vostra liberalità, la liberalità dei fratelli, e di Pacifica, oso chiedervi anche in quest’anno la mancia, non già in diritto ma per sola carità; non già per me, ma per le anime vostre; non già in dono a me, poiché mi protesto di nulla più domandare e chiedere per me, ma solo in dono a Gesù Cristo, cioè l’unione tra voi, tra quelli di famiglia, lasciando da parte le riprensioni, le ingiurie, le altercazioni, ma pace, pace, unione carità fraterna, e allora Gesù e Maria verranno ad abitare in codesta abitazione pacifica silenziosa, come già la capanna di Betlemme.
Papà mio, liberalità con la servitù, e in special modo con i poverelli. Papà mio, io già tanto la raccomandai a Michele e a Pacifica; sarà stato fatto? io non lo so. Orbene, gradite i sentimenti di un figlio che, benché ingrato sconoscente e di grande vostro affanno e pena sia stato per il passato, pure oggi vi chiede di vero cuore perdono; ed altro non cerca, non chiede, non desidera che la salute delle anime vostre.
Torno a ripeterlo, o papà mio, letta che avete la presente, date ordini, comandate, su quest’affare; ed oh, come griderebbe vendetta innanzi a Dio che quel padre, che tiene un figlio vivente, grazie a Dio comodamente, di sola carità, avesse a far partire i poverelli dalla sua casa senza averli convenientemente ristorati! Non dubitate, o padre, ché l’elemosina non ha mai impoverito nessuno, anzi le benedizioni dei poveri faranno scendere su di voi e di tutta la famiglia le benedizioni del cielo. Gesù Cristo stesso ha detto: quello che fate ai poverelli lo fate a me (Mt 25,40). Gesù e Maria volessero che la vostra casa fosse per l’avvenire il ricetto dei poveri. Non temete, o papà mio, non temete che vi abbia a mancar nulla: l’eredità dei figli saranno le benedizioni dei poveri e, quel che è meglio, le benedizioni di Gesù e di Maria.
Una delle vostre maggiori consolazioni nel punto della morte sarà non aver licenziato alcun povero senza averlo soccorso. Questo pensiero vi assisterà e vi difenderà innanzi al severo giudizio di Dio; questo finalmente vi procaccerà gran merito in paradiso. E, deh, non vi sia alcun disgraziato che a ciò fare vi dissuada! se vi fosse, ahimè, io tremerei per lui! Voi comandate, la roba è vostra, e nessuno vi può ripetere alcunché, ed oh, mi pare giusto che ciò che Dio vi ha dato gratuitamente ve ne serviate a suo onore e a salute di voi!
Deh, affezionato padre, non sdegnate i sentimenti di un figlio che dopo la sua salute non brama non desidera non chiede a Dio se non quella vostra e di tutti di casa! Non senza particolare impulso del Signore vi ho scritto in tal modo. La vostra bontà ed il pensiero, che tali sentimenti partono da un cuore che sinceramente vi ama, mi scuseranno; Gesù e Maria siano quelli che suppliscano alle mie parole e deboli consigli, e siate sicuro che, usando misericordia con i poverelli, ritroverete misericordia innanzi a Dio.
Io sto benissimo. Ho ricevuto ieri notizie da Montegiorgio, ed ho già riscritto. Ricevete i più felici auguri dal mio ottimo Padre Lettore e mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
I.X.P.
Car.mo Fratello [Michele]
Pievetorina, 10 gennaio 1859
Le immagini non sono ancora giunte; ma io, per non farti sospettare alcuna cosa, ti scrivo ed anticipatamente te ne ringrazio, e poiché conosco il tuo buon cuore, ti chiedo a titolo di carità e per amor di Maria che mi mandi il libro intitolato “Breve notizia dell’abito e corona dei sette dolori di Maria Vergine” del P. Pecoroni, il quale facilissimamente potrai trovare presso codeste librerie. Se poi lo manderai ti prego d’inviarlo a casa onde essi, poi, lo facciano recapitare (nota bene) in Foligno presso la casa del cavalier Morotti, nostro affezionatissimo benefattore; poiché giunto quivi sarà facilissimo a me l’averlo.
Michele mio, io nelle mie povere orazioni, non dubitare, di te non mi dimentico; ma a che possono valere esse sole? Deh! per quanto ami l’anima tua, non tralasciar mai e poi mai, a costo di qualsiasi sacrificio, di praticare quelle devozioni, che ti sei prefisso verso Maria SS.ma, e con il cuore sulle labbra, non senza una particolare ispirazione, se mal non mi appongo, ti propongo questo fioretto; che se lo farai, non dubitare, ne sarai ampiamente ricompensato.
In questo tempo, in cui il cieco mondo la passa nei divertimenti e nei trastulli, sappiti privare di qualche cosa o divertimento per amor di Gesù e di Maria. E quando ciò farai, di’ così: Io potrei prendermi questo divertimento, questa cosa etc. Ma per amore di Gesù e di Maria me ne voglio privare. E se puoi (nota bene) corri subito a fare una breve visita a un’immagine della Madonna addolorata in qualsiasi parte credi meglio. Fratello mio, mi negherai un tal favore? Mi vorrai dire di no? questa è la mancia, che io ti chiedo, questo è quello che mi sta più a cuore di qualsiasi altra cosa, e con tutta l’anima desidero: fallo, fratello mio, e Gesù e Maria lo gradiranno.
Desideri un ricordo di un tuo fratello che, benché tante volte ti abbia odiato e ingiuriato, forse oggi, per misericordia di Gesù e di Maria, ti ama sopra quanti altri ti possono amare? Orbene, non riporre insieme con le altre questa mia lettera; ma rileggi le soprascritte righe di tanto in tanto, e mi farai cosa graditissima.
Quando scriverai al fratello domenicano (Luigi) mettigli distintamente i miei saluti, e digli, che, se lo dimentico con lo scrivere, non lo dimentico con il cuore e dagli questo breve ricordo, e non tralasciare di scrivercelo: “Fratello mio, ricordati, ambedue siamo stretti ed obbligati alla perfezione”. Alla circostanza, poi, non mancherò di scrivergli.
Ricevi i più distinti saluti dei due miei ottimi superiori Padri Rettore e Lettore, e di questo ancora i ringraziamenti. Io mi trovo in buona salute, e mi dico
tuo aff.mo fratello
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signore Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Pievetorina, 1 febbraio 1859
Vi dovete, papà mio, rallegrare anziché affliggere, se il Signore vi visita con qualche incomodo e travaglio per qualsivoglia parte ne vengano, essendo le tribolazioni ordinariamente il carattere degli eletti. Lo so, o caro padre, la vostra vita è stata, direi quasi, una ruota, circondata non tanto di rose e contenti quanto di tribolazioni e di spine; ebbene, sia fatta la volontà ss.ma di Gesù e Maria; un giorno ne raccoglierete il frutto.
Papà mio, volete un lenitivo ai vostri incomodi, alle vostre tribolazioni? ascoltate le parole di un figlio che quanto ha reso affannosa a un povero padre la vita negli anni passati, altrettanto brama e ardentemente desidera, mercé la divina grazia, di renderglieli felici nell’avvenire.
Ascoltatemi dunque, o papà mio. Non già le conversazioni, i teatri e quanto può somministrare il cieco mondo possono sollevare un’anima afflitta e un corpo abbattuto; no, o papà mio, lo dico per esperienza, non sono valevoli anzi sempre più tali cose affliggono, e perciò, o papà mio, ascoltatemi per carità poiché vi parlo con il cuore sulla penna, e perdonatemi se vado dietro a ciò che mi suggerisce il vero affetto per voi: giacché il Signore vi ha visitato con questa malattia, deh, questa sia la scusa per cui, o papà mio, vi sbrighiate affatto delle umane conversazioni! queste sono bugiarde, finte, ingannevoli. La conversazione solo di Gesù e Maria vi consolerà, vi darà forza, vi assisterà.
E però procuratevi buoni libri che parlino dell’amore di Gesù e di Maria, leggete quei due libri che già vi indicai nelle mie passate, leggete le opere di S. Francesco di Sales che avete presso di voi; insomma datevi all’esercizio continuo delle opere di pietà. In tutto ciò vi faranno compagnia Vincenzo ed Enrico ed anche tutta la famiglia. Adesso non avete più affari; l’anima sola sia il vostro pensiero; può essere benissimo che il Signore vi abbia fatto giungere ad un tale stato onde non pensaste se non a voi e alla salute spirituale dei figli.
Io sinceramente vi confesso che grande è la pena che mi cagiona la rimembranza di tanto tempo perduto nella lettura di tanti libri che, benché non fossero apertamente cattivi, pur nondimeno ora conosco l’infame veleno che contenevano, e la facilità di corrompere il cuore. Deh, papà mio, lungi, per carità, lungi dalla vostra famiglia qualsiasi libro che porti il nome di romanzo o simili, sorvegliateci per carità!
Giacché Vincenzo non va ad una scuola metodica, fatevi da lui o da Enrico leggere i sopraccennati libri.
Gesù e Maria ve ne facciano provare tutto il gusto. Siete rimasti a tre. Oh, come Gesù e Maria faranno ben volentieri con voi la loro dimora e conversazione, se non vi curerete di quella degli uomini. Che facilità di praticare tutte le virtù: un padre disbrigato da tutti gli affari secolareschi, un figlio già suddiacono, un altro quasi libero da ogni occupazione (Enrico e Vincenzo); voi, o papà mio, quante volte mi dicevate di volervi ritirare in una casa religiosa.
Ah, che adesso potete ridurre la vostra famiglia in una santa abitazione! Papà mio, non vi fate uscire la preda di mano, la cosa è facilissima; la divina Provvidenza ha disposto sì bene le cose; se così farete vi si prepara di qua una vita felicissima, tutta accomodata alla vostra età, e allora sì che, se in questa vita non potremo rivederci, speriamo in Gesù e Maria che io facendo penitenza delle mie iniquità, e voi tutti facendovi tesori per l’altra vita, ci potremo abbracciare in quel giorno terribile dell’universale giudizio, e vederci tutti alla destra sotto il manto della nostra liberatrice Maria.
Ecco, papà, la lunga lettera che desideravate. Perdono ad un figlio che tanto vi ama, e vogliatemi consolare con esaudire le mie suppliche sia riguardo a questa lettera come anche a quella che vi scrissi per il natale.
Voi dite ad Enrico ciò che in questa lettera non posso dire io. Oh, se sapesse che vuol dire lo stato che ha abbracciato! Non giochi, non passatempi, non compagni, ma studio, orazione, visite alle chiese, carità ai poveri, ed in modo speciale altre opere di misericordia, massime l’insegnare la dottrina. Vi prego caldamente di non escludere né Pacifica né l’altra servitù, con la quale dovete usare gran carità.
Dentro maggio o settembre prenderò la tonsura con i quattro ordini minori, a Dio piacendo. Lo studio a cui attendiamo è la filosofia.
Io mi trovo in buono stato di salute. Salutatemi quelli di cui mi fate menzione. Raccomandatemi nell’orazione. E pregandovi a non dimenticarvi di dire l’angelus Domini la mattina quando vengono i fratelli a chiedervi la benedizione, prima di pranzo, e la sera. Vi chiedo la santa benedizione e mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
P.S. Michele fin da natale mi ha scritto di alcune immagini che ha mandate ad Enrico perché me le rimetta. Io non le vedo ancora, che ne è stato?
I.X.P.
Car.mo Fratello [Michele]
Pievetorina, 27 aprile 1859
Ieri ho ricevuto due tue lettere, e ciò è avvenuto perché le hai dirette a Morrovalle, dovendole al contrario dirigere con la direzione “Camerino per Pievetorina”.
Ti ringrazio unitamente al mio Padre Lettore delle immagini di Maria addolorata che mi hai mandate come ancora delle altre, le quali, però, essendo state mescolate da Enrico, non posso distinguere quali fossero le tue. Solo ti so dire tra tutte essermi piaciute la colonnetta della Concezione, un cuore di Gesù e un S. Luigi, e ancora lo sposalizio di Maria ma dubito non esser la tua. Gesù e Maria te le ripaghino con lo stampare nel tuo cuore le loro immagini, e così il tuo cuore sia solo di loro, e non di altri.
Ti devo avvertire che per qualsiasi circostanza non ti arrischi a raddoppiare lettere o riporre entro di esse cosa alcuna, poiché se le lettere sono sdoppie la religione non paga per riceverle, ma se sono doppie paga allo stesso modo che un particolare, e ciò ti serva di norma [siccome nello Stato Pontificio i Passionisti avevano franchigia per le lettere (in uscita e in entrata) purché a foglio singolo, san Gabriele avvisa il fratello di non usare fogli doppi in modo da non dover pagare la spedizione].
Michele mio, tieni a caro Maria addolorata, fa’ degli ossequi e in modo speciale, come altra volta ti dissi, portati spesso a visitarla in qualche miracolosa immagine; bada però che sia sotto qualche titolo dei dolori.
Michele mio, fuggi le occasioni, le conversazioni, i teatri, libri e compagni cattivi. Ah! ti confesso con tutto il cuore, fratello mio, che quantunque, grazie al cielo, religioso e perciò in un continuo esercizio di penitenza, pure mi fa tremare per la mia salute il pensiero delle suddette cose. Ricordati di fare una visita per me, a nome mio, ad una delle sopraccennate immagini e non mi dimenticare giammai, massime in simili occasioni; fammi più presto che puoi questo favore, assicurandoti che anch’io procurerò che neppure gli altri si dimentichino di te.
Riguardo al libro, portati dai Servi di Maria che facilissimamente lo troverai e rimettimelo per carità più presto che puoi; bada però che giammai abbia io a ricevere cosa alcuna che debba pagarsi.
Io grazie a Dio sto bene e contento. Ricevi i saluti dei miei confratelli e del mio ottimo Padre Lettore e mi dico
uo aff.mo fratello
Conf. Gabriele di Maria Addolorata
[Nota di padre Norberto]
Car.mo Sig. Michele
È già la seconda volta che mi vedo presentare vostri doni. Vostro fratello più d’una volta mi aveva fatto degli elogi della vostra generosità, e vi prestavo intiera fede: ma conosco ella essere maggiore di quanto non me l’avessi ideata prima.
Potrò io ricambiarvene? Se voi ne vedete la via, additatemela, ed io tosto lo farò. Intanto ricevete i miei cordialissimi ringraziamenti.
Conf. Gabriele sta bene, e si porta ottimamente. L’errore di certi imprudenti fervori, che si era fitto in capo, è finalmente dileguato, e ha dato luogo alla ragione, alla prudenza, alla volontà di Dio e a quella della Regola nostra, la quale li riprova altamente. Come vi dissi a voce, prima mi toccava sorvegliarlo per timore che non desse in alcuno dei noti eccessi, ma ora, ripeto, conosce anch’egli che anche nel bene vi possono essere gli eccessi, gli inganni e le arti del maligno.
Pregate per me e credetemi costantemente
Pievetorina, 27 aprile 1859
vostro u.mo e d.mo servo
Norberto di S. Maria
All’Egregio Giovane Proñe Col.mo
Il Signore Filippo Giovannetti
Studente di Legge nell’Università
di Camerino
I.X.P.
Car.mo Amico
Pievetorina, 13 maggio 1859
Pippo mio, non ti creder già che il mio amore per te sia svanito perché sono da te separato: no, te ne assicuro; anzi, esso, per grazia di Dio, si è purificato; e ti dico sinceramente che se di tutti io bramo la salute, della tua in modo speciale sono sollecito, e se mi tieni per vero e sincero amico, ascolta di buon cuore ciò che con tutta l’affezione ti dico.
Hai ragione di dire che il mondo è pieno d’inciampi e pericoli, e che è cosa ben difficile il poter salvare l’unica anima nostra, ma non per questo, se il Signore veramente ti chiama al mondo, ti devi perder di coraggio; no, poiché anche al secolo uno può salvarsi.
Pippo mio, ami la tua salute? fuggi, per carità, fuggi quanto ti dico: fuggi i compagni cattivi, e per questi intendi non già giovani scapestrati, discoli, sfacciati od altri; no, questo sarebbe più difficil cosa a trovarsi, ma bensì quei tali che con belle parole, con finte amicizie ti vorrebbero guastare il cuore. Tu forse m’intendi. Fuggi i teatri; ah, che purtroppo è vero, e lo so per esperienza, che è cosa assai difficile, anzi difficilissima, entrare in essi in grazia di Dio, e uscirne senza averla o perduta o messa a gran pericolo! Fuggi le conversazioni, poiché in tali luoghi tutto congiura contro l’anima nostra. Fuggi finalmente i libri cattivi, poiché è indicibile quanto male possano essi fare nel cuore di un giovane.
Pippo mio, credimi pure che non so, e te lo dico con il cuore sulle labbra, non so se mi basterà una vita in questa santa religione per poter soddisfare a Dio per i miei falli, massime per quelli che ho commessi nelle quattro sopraddette materie. Tu sei stato l’unico che sì lungamente e per tanti anni hai coltivato la mia amicizia, e però a te lascio considerare se io abbia detto il vero.
Pippo mio, io ti assicuro che se fossi seguitato a stare nel secolo, mi pare che non mi sarei assolutamente salvato. Ah, che con tante amicizie, discorsi, pericoli, e, a dire tutto in poco, con quelle massime che regnano specialmente in alcuni uno non si può salvare! Dimmi: potevo io pigliarmi più divertimenti, più spassi di quelli che mi sono preso nel secolo? Orbene, cosa me ne trovo? a te lo confesso, non altro che amarezze, timori ed affanni. Sentimi, te lo confesso, al secolo ti ho qualche volta occultato i veri sinceri sentimenti del mio cuore, ma al giorno d’oggi te ne assicuro che ti parlo da vero amico, ed altro su di te non desidero che di potere in quel giorno dell’universale giudizio, se potrò salvare quest’anima mia, di potere, dico, insieme con te trovarmi sotto il manto di Maria.
Ah! Pippo mio, se pure mi avessi ascoltato in tanti iniqui consigli che ti ho dato, non mi volere in quest’oggi disprezzare. Io da te ho ricevuto molti favori, me ne ricordo, ma oggi io altro non ti chiedo, altro non voglio, se non che non disprezzi la lettera d’un amico che ti parla con il cuore sulle labbra: Iddio volesse che potessi tu leggere questo mio cuore!
Pippo mio, non mi deridere, poiché è il cuore che parla. Io ti chiedo perdono di quanti scandali ti avessi dato, e mi protesto che quanto di male su di qualsiasi persona ti avessi detto, mi disdico e ti prego a tutto dimenticare, e nel tempo stesso a pregare il Signore che esso pure mi perdoni.
Mi chiedi un libretto da meditare. Bravo, Pippo mio, non mi potevi far più grata domanda; ma nello stesso tempo cosa ho io da mandarti? tu non ti sei spiegato abbastanza. Ma se desideri un libretto da meditare, credimi pure che le massime di S. Alfonso sono ottime; ma se ne vorrai uno anche migliore, provvediti del libretto del mese mariano, dove oltre l’esservi 30 o 31 meditazioni, che potrai ricominciare ogni mese, ti assicuro non conoscerne io altro migliore, per parte ancora degli esempi e fioretti che in essi vi sono. Io non ho un tal libro per mandartelo, ma mi figuro che presso il seminario dei Filippini non ti sarà difficile trovarlo; fallo e mi farai cosa grata.
Ricevi intanto questo piccolo librettino che mi ha dato il mio ottimo superiore, ricevilo per mio ricordo in attestato dell’amore che ti porto. Spregevole è al vero un tal dono, se si guardasse all’esterno soltanto; ma ti assicuro che se sarai fedele a recitare ogni giorno il detto ufficiolo, oh, allora sì che avrai in esso una caparra della protezione di Maria, e benedirai in eterno siffatto ricordo!
Ricevi i saluti del mio ottimo Padre Lettore e di Gismondi; e assicurandoti che non mi vado dimenticando di te nelle mie povere orazioni, mi dico
tuo aff.mo amico
Conf. Gabriele di Maria Addolorata
P.S. Il libro del mese mariano sia quello del Muzzarelli. Se poi non ti trovassi le massime, fammelo sapere, come ancora fammi sapere se desideri altro libro, ed in tal caso spiegati quale vuoi.
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signore Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Recanati, 5 luglio 1859
Lunedì 4 del presente mese, a Dio piacendo, partii insieme ai miei compagni per l’Isola di Penne vicino al Gran Sasso d’Italia nel regno di Napoli, luogo amenissimo partecipante dell’aria montanina e marina e di un dolcissimo clima assai migliore di quello di Pievetorina.
Quando sarò con l’aiuto del Signore colà arrivato vi scriverò come dobbiate dirigere le lettere.
Papà mio, non ti dispiaccia se alquanto mi allontano poiché vi assicuro che se sono lontano con il corpo non sono lontano però con lo spirito, e sono sicuro che quanto più per divina disposizione e per amor di Maria mi allontano da voi tanto più Iddio benedetto e la sua santissima Madre per sola loro bontà si prenderanno cura di voi, e faranno infinite volte di più di quanto potrebbe fare un figlio verso del padre.
Papà mio, fratelli miei, io mi figuro (potrebbe essere però che m’inganni) che allorquando dalla soprascritta riconosciate mie lettere diciate ridendo “sentiamo la predica”. Ah! no, non crediate già che io per spirito di presunzione od altro a ciò mi muova; no, ve l’assicuro, per divina misericordia non sono tali le mie mire. Ah! che se non vi amassi di vero cuore non mi curerei di perdere tempo in lunghe lettere, e il desiderio di vederci in quel giorno estremo tutti da una parte sotto il manto di Maria è l’unico scopo di questi poveri sentimenti. Papà mio, perdonatemi, non tocca a me scrivere in tali termini; scusatemi però, l’amore che io nutro per tutta la famiglia mi fa vincere ogni riguardo.
Ricordatevi che la via del paradiso è stretta e però bisogna farsi violenza. Non ci lusinghiamo che o per alcuni atti buoni, o per alcune preghiere, o per l’adempimento di qualche dovere cristiano si abbia da star sicuri del paradiso, no, la cosa non va così: una cosa soltanto di nostro obbligo in cui siamo trovati mancanti, sufficiente a formare un peccato mortale, è di fede che ci rende eternamente infelici. Ah, che alcuni vorrebbero accoppiare Dio e il mondo, conversazioni e preghiere, teatri e visite alla chiesa, e poi tenersi sicuri del paradiso! Ah, no! questo è un inganno.
Gesù ha detto: chi non porta la croce non può essere mio seguace, e quindi, chi vuol venire dietro di me rinneghi le sue tendenze, le sue passioni, rinneghi insomma se stesso, prenda ogni giorno, notate queste parole, ogni giorno la sua croce e mi segua (cfr Mt 10,38 e 16,24; Mc 8,34; Lc 9,23 e 14,27).
Alcuni dicono: Dio è misericordioso, e poi vediamo che anche quelli che son chiamati uomini dabbene, che sono lo specchio delle città, si prendono pure questi divertimenti, vanno alle conversazioni, vanno ai teatri, insomma uniscono Dio e il mondo. Eh, se non si salvano questi, in paradiso non ci va certo nessuno, allora il paradiso Iddio se l’è fatto per sé. Oh, come il demonio li tiene destramente accecati!
Iddio sì, è misericordioso, ma con chi lo teme, con chi ha timore di offenderlo, e però si tiene lungi dai pericoli, e non con chi va ai teatri, ai concorsi, alle conversazioni, ai divertimenti con la scusa dicendo: “Eppure bisogna che mi sollevi un tantino, io non ci vado per far male, soltanto per ricrearmi dalle mie occupazioni e fatiche, e non per commetter peccati”; non riflettendo che chi ama il pericolo perirà in quello.
E poi, e non si tiene forse dal comune dei dottori che la maggior parte degli uomini si danna, e che sono pochi, assai pochi, quelli che vanno in paradiso?18 Iddio non ha mica bisogno di noi, e ancorché tutti si dannino lui non perde nulla. Il suo fine Iddio sopra l’uomo l’ottiene sempre, o l’uomo l’onora nella sua misericordia salvandosi, o l’onora nella sua giustizia dannandosi; a noi sta lo scegliere; da qui non si scappa.
Papà mio, vi sono rimasti in casa tre figli: non alzate con essi per carità la mano, è meglio che si disgustino per qualche poco di qua anziché vi abbiano a maledire per sempre di là. Siate inesorabile quando si tratta di conversazioni, teatri, concorsi, compagni, ecc.; se poi non vogliono obbedire, tal sia di loro, ne dovranno rendere stretto conto a Dio essi; ma voi, quando avete fatto quello che potete, ne siete libero.
Guardate che non giochino né in casa né fuori di essa, massime con carte. Vietate loro l’accompagnarsi con compagni che la vostra prudenza vi detta non essere fatti per essi. Proibite loro tutti quei libri che sono intitolati romanzi o altri che possono anche di poco nuocere; portateli quanto più potete con voi, né permettete che vadano girando per la città con falsi pretesti. Papà mio, non vi ritenga dal far ciò il pensiero di disgustarli; è meglio disgustarli adesso e vivere poi eternamente uniti lieti e contenti, che assecondarli e sentirsi un giorno rimproverare bestemmiare maledire.
Caro padre, fratelli miei, ve lo confesso schiettamente, seguitando quel tenore di vita che menavo, me ne andavo, non solo all’inferno, ma nel più cupo dell’inferno dritto dritto, ed. oh! buon per me che Maria con la sua graziosa e misericordiosissima mano, come un tizzo si leva dal fuoco così mi ha tolto dall’inferno, se no altrimenti starei a gridar vendetta contro di voi, o papà mio, poiché, benché senza vostra avvertenza, pure mi siete stato troppo indulgente. Papà mio, il mondo è un traditore, Iddio per vostro bene ve ne ha rotto con esso ogni legame, non ne vogliate avere più sentore, né per visite, né per gazzette, né per altro; prendetevi cura della famigliola che Iddio vi ha lasciato, sorvegliate sulla servitù, statevene ritirato e occupato soltanto alla salute dell’anima, leggete sacri libri, onorate in vari modi Maria, e mandate avanti nel paradiso il frutto di tante vostre fatiche, con metterlo per mezzo di buone elemosine nelle mani dei poveri, e, tutto abbandonato nelle braccia di Maria addolorata, attendete alla salute dell’unico solo interessante negozio dell’anima vostra.
E qui mi sia lecito un consiglio, vorrei cioè che chiamaste e vi consigliaste con un dotto fervoroso e zelante sacerdote o religioso, e non già con uno di manica larga, e a lui faceste conoscere le cose tutte presenti e passate della famiglia; e quindi cominciando dalla servitù e quindi tutti, faceste a .lui una confessione generale, onde, illuminato da Dio e conoscendo tutte le cose, possa consigliarvi e consolarvi, e così scansare quelle angustie che il demonio nemico dichiarato della nostra salute potrebbe cagionarvi nel letto di morte. Io grazie a Dio ho di tutti buona stima, nondimeno, per impedire qualsiasi raggiro del demonio, caldamente vi domando questa carità. Fatelo, o papà mio, e ve ne troverete eternamente contento.
Io, grazie a Dio, sto bene ed oltremodo contento dello stato abbracciato.
Forse questo settembre prenderò i primi ordini non avendoli presi lo scorso maggio. Salutatemi i Padri Filippini, i Gesuiti e il P. Guardiano di Monte Luco, e dite a tutti, massime a quest’ultimo, che mi raccomando alle loro orazioni, e di ciò vi prego caldamente, né vorrei che chi fa una tale ambasciata se ne vergognasse. Lo stesso fo verso di voi. Dite a Pacifica che non mi scordo di quanto bene mi ha fatto (il che vorrei che si facesse ancora dai fratelli e che mai le dessero disgusto poiché ne avranno da rendere conto a Dio), e che debolmente mi ricordo di essa nelle mie povere orazioni, ditele che anche essa si venga facendo un tesoro in cielo per mezzo dei poverelli, e che da ciò non la ritenga il riflesso della vecchiaia perché Dio non abbandona mai chi fa le cose per amor suo, e ditele che eseguisca il consiglio che di sopra vi ho dato.
Vi raccomando caldamente che insegnate alla servitù la dottrina poiché anche di questa se ne dovrà rendere strettissimo conto. Io non mi dimentico di voi tutti e di tutti i parenti nelle mie povere orazioni.
Ricevete i saluti del mio ottimo Padre Lettore. Date buone notizie di Gismondi ai suoi parenti, e dite loro che si consolino poiché il loro figlio batte veramente la via del Signore e mi serve di esemplare, e che viene anche lui con me. Datemi, o caro padre, la santa benedizione, e baciandovi la mano mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria Addolorata
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signore Sante Possenti
Macerata
per Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre in G. C.
Isola, 19 luglio 1859
Domenica sera giungemmo grazie a Dio felicemente in questo ritiro.
L’aspetto di molti alberi fruttiferi mi conferma in ciò che vi scrissi essere questo un clima dolcissimo ed io grazie al cielo ci sto contento.
Il viaggio prolungato [è durato sette giorni, dal 4 al 10 luglio 1859] ed il modo di indirizzare la lettera è stata la cagione del non avere scritto subito. Persuadetevi pure, o caro padre, che io sono quello che più spesso scrivo lettere, e però se per l’avvenire non aveste a vedere tanto spesso mie lettere, non vi prendiate pena poiché la cosa non è ragionevole, e stiate sicuro che quanto più io per amor di Gesù e di Maria mi conformo con gli altri, ed invece di scrivere lettere fo ciò che fanno gli altri, cioè l’esatta osservanza, tanto più Gesù e Maria avranno cura di voi e di tutti quelli a cui dovrei scrivere, ma per le suddette sode ragioni me ne astengo.
Non dubitate, o caro padre, che io spiritualmente spero di giammai dimenticarmi di voi e di tutti i parenti, né crediate già, come alcuni stoltamente e ingiustamente credono, che un figlio dopo essersi fatto religioso dimentichi il vero affetto paterno e quanto i genitori hanno fatto e patito per lui; no, non lo crediate, poiché vi so dire che questi sono quelli che perfezionano il loro amore e sempre hanno nella memoria i benefici ricevuti.
Papà mio, io fin da questo momento costituisco, benché indegno, Maria addolorata (consolatrice di tutti, massime degli afflitti) per vostra consolatrice protettrice,e signora; e però, quando vorreste vedere mie lettere, andate a visitare Lei e ditele che siccome io per amor suo mi astengo da questa particolarità così a Lei tocca il consolarvi e di fare meglio di me gli uffici di un figlio verso di un padre. Fatelo, caro padre, insieme alla famiglia ed in effetti vedrete quanto siano più dolci e più care le consolazioni che vengono da una così tenera madre che non sono quelle di me miserabile, non valevole affatto a portare la vera consolazione.
Quell’immagine di Maria addolorata che io lasciai come viene da voi onorata? Dite a Pacifica che quando mi venne a trovare gliela raccomandai. Io dalle sue relazioni conobbi che al vento erano quasi buttate le mie raccomandazioni. Basta; ve lo chiedo soltanto a titolo di carità che la onoriate poiché il bene sarà di tutta la famiglia.
Caro padre, non mi estendo più a lungo. Mi trovo già di avere scritto per il passato lunghe lettere; se bramate leggere i miei caratteri rileggete quelle, né vi date a credere che, poiché sono state scritte da un figlio ingrato il quale non ha fatto altro che scandalizzare voi tutti, siano da disprezzare, poiché dovete sapere che per lo più il Signore si serve di mezzini deboli fiacchi inutili per operare le sue misericordie, e però rileggetele, ché potrebbe essere che ne ricavaste frutti di vita eterna.
Una cosa soltanto vi raccomando, cioè quel consiglio che vi diedi di chiamare un santo sacerdote o religioso o secolare, ma non già di manica larga, come suol dirsi, e con lui conferire gli affari di famiglia e molto più delle vostre coscienze, onde poi un giorno non abbiate rammarico di non avere ciò fatto quando non ci sarà più tempo.
Ci sarà forse qualcuno che critichi questo mio consiglio? Posso allora accertarvi che una tale critica non viene da Dio ma bensì dal diavolo, nemico giurato della nostra salute. Papà mio, voi comandate, né vi fate imporre da chi deve assolutamente onninamente obbedire.
Su di ciò avrei a caro l’esserne, quando che sia, io stesso fatto consapevole onde gioirne con Gesù e con Maria; raccomandate la medesima cosa a Pacifica e ditele che il bene che a tutti voglio mi fa ciò scrivere, altrimenti non mi prenderei questi impicci.
Bramerei che Enrico s’informasse dove presentemente si trovi il P. Pietro Tedeschini e che ciò saputo, gli scrivesse se sia stato dato alla luce e tradotto quel libro di Maria di cui lui mi parlava, ché bramerei saperlo o da voi, o da lui, né su ciò vorrei che perdesse tempo; io credo che stia in Fano ma lui potrà meglio informarsene.
Vi chiedo per carità che facciate abbondanti elemosine, riflettendo che avete un figlio per cui non avete a fare grandi spese come per gli altri, e che vivendo di pura elemosina il Signore non gli fa mancare niente del necessario, anzi abbondantissimamente lo provvede. Rifletteteci un poco, e fatevi tesori per il cielo per mezzo dei poveri.
Io, grazie al cielo, vivo bene e contento nell’abbracciato istituto; voi tuttavia non cessate di raccomandarmi e di farmi raccomandare al Signore e alla sua ss.ma Madre, massime nel santo rosario e Stabat Mater, che vi prego di giammai lasciare a costo ancor della vita, assicurandovi che neppure io mi dimentico di voi tutti.
Gradite i saluti del mio ottimo Padre Lettore. Quando mi scriverete è necessario che l’infranchiate tutte le volte fino a nuovo ordine [essendo Isola di Penne nel Regno di Napoli, la franchigia era decaduta]. La direzione sarà: Napoli Teramo per Isola.
Vi chiedo la santa benedizione e mi dico
Conf. Gabriele di Maria Addolorata
[Nota di padre Norberto]
Ill.mo Sig. Sante
Sono ormai tre anni che per volere di Dio tengo la direzione di suo figlio: sarebbe stato mio dovere presentarle, almeno qualche volta, i miei caratteri, a consolarla sul figlio: non l’ho fatto fino a questo giorno. Spero che la presente compenserà a dovizia il ritardo.
Conf. Gabriele dacché ha messo piede tra i Passionisti, si è dato a Dio davvero. Non v’è stato caso di doverlo riprendere perché pigro, tiepido etc.: anzi m’è convenuto sempre tenergli sopra l’occhio ben attento, perché non vigilato avrebbe dato in eccessi nocivi alla sua salute tanto spirituale che corporale e per questo mi è convenuto più d’una volta di alzare la voce e penitenziario. Sebbene anche riguardo a questo punto sono vissuto rassicurato, perché la sua docilità mi toglieva ogni dubbio nelle cose, almeno, che egli conosceva non volersi. Queste poche parole, credo basteranno su questo punto.
Riguardo alla salute del corpo, egli è stato male una sola volta: ed è stato appunto allorquando Pacifica, venuta a trovarlo a Pievetorina, lo trovò convalescente. Il male è stato non so se si dica un’angina, o altro mal di gola. Temo però che sia stato un effetto dell’aria di Pievetorina, la quale benché a molti sia omogenea, a molti altri fa sviluppare il mal di gola detto lenta infiammazione, nell’orificio della gola. Anche a me ha sviluppato il medesimo male. L’aria che respiriamo adesso, pare elastica: e nei nove giorni che la proviamo, abbiamo conosciuto esserci assai più confacente di quella di Pievetorina: giacché il capo è sempre libero, non ha più bisogno di quello spurgo di gola e di naso di cui era forse cagione l’aria alquanto umida di Pievetorina. E per dirle soltanto di Conf. Gabriele, egli in questi pochi giorni si è già impinguato non poco, ed ha migliorato di molto il colore. Spero che questi vantaggi proseguiranno e aumenteranno. Con questo non voglio già dire che egli prima stesse male, no; dico soltanto che l’aria novella gli è più confacente della prima.
Prima di por termine alla presente vorrei pregarla di dire ai genitori di Gismondi, che il giovane si porta molto bene, gode buona salute, e sta assai contento. Così con un colpo prenderò due tordi.
Riverisca da parte mia i fratelli di Conf. Gabriele, e tutta la famiglia, e nell’aspettazione di suepreghiere, mi creda tutto rispetto della Sig. V. Ill.ma
Isola, 19 luglio 1859
u.mo e d.mo servo
Norberto di Maria
All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Signore Sante Possenti Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Isola, 31 dicembre 1859
Rispondo tosto alla vostra carissima onde soddisfare le vostre richieste, ma, torno a ripetervi, è una cosa che non si usa tra noi lo scrivere così spesso e però se in altre circostanze ancorché abbiate scritto non rispondo, ve ne dovete fare una ragione.
L’aria di questo luogo, come già altre volte ho detto, è eccellente, ed io grazie al cielo quei piccoli dolori di testa, ossia emicrania, che a Pievetorina solevo avere qualche volta qui mi sembra che mi succeda più di rado ed anzi ho argomento di credere che sia svanita.
Le nostre ricreazioni consistono in passeggiate, e queste di quando in quando si vanno facendo, e così ci ricreiamo, ma non già con quella consolazione che provavo nelle bugiarde ingannevoli e attossicate ricreazioni del mondo, ma bensì per divina misericordia di quella vera pace che porta indispensabilmente con sé la grazia di Dio.
Ah! che è purtroppo vero quello che diceva un’anima tutta di Dio: “Se i secolari conoscessero la pace la quiete i beni delle religioni, le religioni diverrebbero popolate come le città, e le città deserte”. Oh, quanto è dolce, mi vanno ripetendo i miei confratelli, quanto è dolce servire Dio e la sua ss.ma Madre!
Quanto più di dolcezza si prova in quell’ora di orazione che a sportelli chiusi si fa innanzi a Gesù sacramentato, e alla sua ss,ma Madre che non serate intere in teatri e sale illuminate, tra gli spassi e le conversazioni di persone che giammai possono appagare il nostro cuore.
Quanto è più dolce fare quattro passi da solo a solo dentro un religioso recinto, con il pensiero che la nostra Regina e la vera amante dei nostri cuori Maria ci sta guardando, che non le più liete passeggiate del mondo che lasciano sempre un gran vuoto nel cuore che giammai al mondano sarà dato riempire.
Qual piena di consolazione poi è per un religioso allora quando la sera, è memore che per divina misericordia ha impiegato tutta la giornata al servizio di quel gran Signore che così largamente sa ripagare chi lo serve, e che neppure lascia senza abbondante ricompensa una paglia che per amor suo si sia alzata da terra? con che consolazione si pone a giacere sul suo letticciolo per poi sorgere a cantare le lodi al Signore!
Quello che poi finalmente, come si legge nei libri, rende giocondo, dolce e soave il giogo del Signore, è la speranza, che da un giorno all’altro sciolto questo misero corpo, senza l’angoscioso pensiero o di roba o di figli o di altro che si lascia, si abbia a passare a godere Iddio per una interminabile eternità.
Riguardo agli ordini sacri, ne è stato parlato dal mio ottimo Padre Lettore al Padre Provinciale il quale rispose che ha intenzione di far prima cominciare la teologia (che sarà tra breve) e allora far cominciare a prendere gli ordini e con la dispensa dagli interstizi farci prendere tutti gli ordini in poco tempo.
Desidero, quando si sia che abbiate a scrivere, sapere dove abbia a passare l’anno delle scuole il Padre Tedeschini e se seguiti a stare in Fano da cui ho ricevuto una lettera.
Il luogo dove mi trovo è, per le presenti circostanze [nel 1859, l’Italia era in fermento per i moti di unità nazionale], uno dei più sicuri, se non vogliamo dire sicurissimo, atteso che rimane ben distante dalle città ed in luogo fuori affatto di mano; i viveri peraltro sono abbondanti, e gli abitanti oltremodo affezionati. Si chiama Isola a cagione della sua situazione tra due fiumi (Ruzzo e Mavone) aventi la sorgente dalla catena del Gran Sasso. Noi peraltro siamo fuori di tale Isola, e ci diciamo dell’Isola in quanto il territorio appartiene al paese di Isola.
Vi raccomando la devozione a Maria, ed a Maria addolorata; fate ad onor suo dell’elemosina, né valga il dire la carestia dei viveri, le circostanze o che so io; innanzi a Dio se uno ha da alimentare senza gran discapito il fratello e non lo soccorre, non valgono queste scuse, anzi tali circostanze sono di sprone a far bene ai bisognosi; se tutti traessero fuori tali scuse i poverelli morirebbero di fame.
Tenete presso di voi i fratelli, e dal canto vostro non permettete loro di discostarsene e trattare con persone equivoche, altrimenti vi potrebbe servire di amarezze e presso gli uomini e presso Dio. Se poi non vogliono ubbidire ne renderanno un giorno stretto conto a Dio.
Si amino l’un l’altro, rispettino la servitù e si ricordino che innanzi a Dio non sono niente di più e che il trattarla come si trattava quando vi ero io non può correre, affatto non può correre; non bisogna strapazzarla poiché i gemiti del povero oppresso feriscono le orecchie di Dio, e gridano vendetta innanzi a Lui, ed Egli se non castiga di qua si riserva a castigare di là che è cosa più spaventevole.
Chiedo ad Enrico, a titolo di carità e per l’amore che porta ad un fratello da sé lontano, che subitamente si impegni d’insegnare alla servitù la dottrina cristiana, che voglia leggere a voi e ad essa qualche buon libro, massime Le Glorie di Maria di S. Alfonso de’ Liguori, il libro che avete voi di S. Francesco di Sales od altro. Dite finalmente a Pacifica che onori la Madonna SS.ma, con elemosine, con preghiere, e che non lasci mai il rosario, e che finalmente stia in pace con tutti e tratti con carità la servitù, e poi non tema niente ché la Madonna l’aiuterà, e che però non si dia tanta cura dell’avere con dire che succederà e che non succederà, ma procuri di farsi un buon posto in paradiso per mezzo dei poveri, ché Iddio provvederà.
Io chiedo a tutti e in modo speciale a voi, o caro padre, a Pacifica, e a tutti di casa perdono degli scandali che ho dati, del male che ho insinuato, e del male che vi ho fatto, siccome anch’io perdono di vero cuore a tutti, e prego che mi raccomandiate a Gesù e a Maria.
Ricevete i saluti del mio ottimo Padre Lettore, salutate Gismondi da parte del figlio e ditegli che sta bene, contento, e che mi fa veramente confondere e ciò dico di cuore, atteso che corre a grandi passi nella via di Dio.
Mi dice il Padre Lettore che aveva già avvisato che scrivesse Gismondi ai suoi parenti ma che per le espressioni di lode che io ho messo qui sopra non è conveniente che faccia un poscritto nella presente. Potrebbe bensì scrivere a parte (e forse lo farà anche in questa occasione) ma la difficoltà della posta per parte della spesa è motivo di non farlo.
D’altronde alle notizie che darebbe, supplisce bastantemente con incompensar voi a dare alla sua famiglia le notizie che è in dovere di dare. Salutategli i suoi genitori aggiungendovi le notizie che sopra ne do a voi.
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
All’Ill.mo Signor Proñe Col.mo
Il Signor Avvocato Sante Possenti
Macerata
per Spoleto
I.X.P.
Car.mo Padre
Sono rimasto meravigliato nel sentire che fin dal mese […] non abbiate ricevute più mie lettere attesoché, se non erro, dacché mi trovo stanziato qui in questo ritiro vi ho già inviato 4 o 5 lettere, l’ultima delle quali non sono forse 3 mesi da che la scrissi, e di più sui primi di gennaio ne inviai un’altra a Michele che mi aveva scritto.
Ci vuole pazienza! prendiamo tutto dalla mano amorosa di Dio. Chi non porta la croce dietro di Gesù Cristo e non lo segue non può essere suo discepolo. Mi direte che la croce l’avete; orbene questo è un buon segno, questo è quanto il Signore vuole da voi. Verrà poi il tempo della consolazione.
Papà mio, volete vivere tra tante miserie tranquillo? volete passare i vostri giorni nella vera pace? la chiesa e la casa, o papà mio, vi rimane; vi parlo con il cuore; Iddio vi ha tolto ogni impiccio, non avete più grandi affari, non più impiego, non più grande famiglia, vi rimane soltanto l’affare della vostra anima e di quella dei fratelli; a questo sì, a quest’affare, o papà mio, datevi tutto, questo soltanto vi stia a cuore. Non vi curate delle notizie del mondo, ma l’anima soltanto, l’anima sola tutto vi occupi.
Non crediate già che la tristezza vi abbia da opprimere no, poiché Gesù l’ha detto: “Il mio giogo è dolce e leggero” (Mt 11,30). Lo ripeterò ancora una volta, fatevi da Enrico e da Vincenzo leggere qualche buon libro, come Le Glorie di Maria di S. Alfonso, le opere di S. Francesco di Sales, L’Amor di Maria, qualche libro che parli dell’amore e passione di Gesù Cristo, qualche vita di santo od altro che potete farvi mostrare dal vostro padre spirituale. Assistete al divino sacrificio, e la sera nel sortire a passeggio la chiesa di Maria addolorata sia la vostra ricreazione, dimora e conversazione, compatite questa Madre dei dolori con la memoria delle sue pene leggendone qualche libretto che ne tratti, facendo la via crucis, recitandone la coroncina, lo Stabat Mater, od in altro modo, ed allora sì che questa madre di amore, che mai si fa vincere in cortesia, vi saprà ben ella compatire.
Con Lei sfogate il vostro cuore, a Lei raccontate le vostre cose, le vostre miserie, i vostri bisogni, a Lei raccomandate la vostra famiglia, il grande affare dell’anima, e me ancora che mi trovo in grande bisogno. A Lei rivolgete spesso questa orazione: “Ti prego ardentemente, mia Signora, o santa Maria, prendi la mia causa nelle tue mani”, esternando a Lei quale sia la vostra od altrui causa che deve salvare. Non dubitate no, o papà mio, che se ritirato da qualsiasi conversazione diurna o notturna, converserete con Gesù e con Maria, in chiesa e in casa, non vi annoierete, no, ma ben sapranno essi farvi gustare le dolcezze riposte a quelli che fedelmente li servono.
Caro padre, volete con soddisfazione e sicurezza rendere conto a Dio di coloro che da Dio stesso vi sono stati consegnati? Deh! per carità, non siate con essi in alcune cose indulgente. Non permettete loro in verun conto di andare al teatro, per carità, non conversazioni, non compagnie. Io per me, ve lo ripeto, se il Signore non mi avesse fatto la misericordia grande che mi ha fatto, mi sarei rovinato appunto per tali cose. Né vi contentate di ammonirli e dire che si portino in tali luoghi con saggezza e prudenza, no, poiché ciò penso io non vi esimerebbe dal rendere conto al Signore.
Papà mio, perdonatemi, ve l’ho detto altre volte: il desiderio di poterci in quel giorno tremendo dell’universale giudizio ritrovare tutti alla destra sotto il manto della nostra corredentrice Maria mi eccita a fare e a dire ciò che rigorosamente parlando a me non apparterrebbe.
Usate dunque, o papà mio, sulla famiglia di quella autorità che Iddio vi ha dato, né succeda mai che per non disgustarli abbiate a secondarli nei loro capricci; è meglio che adesso provino un qualche rigore paterno, che poi vi abbiano a maledire in eterno. La cosa non è esagerata né effetto di scrupoli; di Dio e del mondo non si può essere, a due padroni non si può servire, la croce di Gesù Cristo e i gusti del mondo non possono combinarsi.
Dunque lo ripeto, papà mio, vi sono rimasti in casa due figli, alla loro salute attendete, non permettete loro giochi, massime di carte. Papà mio, ve lo confesso: se non si è mutato registro, quando vi ero io si andava a giocare a carte in più di una casa, ed oh, i disordini!
che se li aveste saputi vi avrebbero fatto spargere una qualche lacrima!
Badate che non leggano libri che hanno il titolo di romanzi, né vale il dire che sono innocenti. Lo so io se sono innocenti! oh, come mi andavano guastando il cuore!
Vi raccomando la carità verso la servitù, massime per Pacifica. Oh, quanto bene ci ha fatto! Che i fratelli non la strapazzino. E si ricordino che innanzi a Dio sono tutti uguali. Non permettete loro di andare girandolando poiché se la cosa non si è mutata, troppo, troppo era quando vi stavo io.
E finalmente Enrico si ricordi che le assistenze ai divini uffici, il servizio alle chiese, le cose di Dio non si vendono, poiché ciò sarebbe un grave peccato di simonia, e perciò non si curi dove siano più pingue elemosine o migliori trattamenti, ma cerchi soltanto l’onore e il servizio di Dio. E su questo punto non sarebbe malfatto il farsi istruire da qualche zelante ecclesiastico.
Vi raccomando finalmente i poverelli, ricordandovi che anch’io sono povero e però non sono padrone neppure di un bicchiere d’acqua, e pure nulla mi manca, anzi ho di avanzo, vivo comodamente, mi trovo contento e benedico l’ora che entrai in questa santa religione.
Salutate tutti di casa, e chiedendovi la santa benedizione mi dico
vostro aff.mo figlio
Conf. Gabriele di Maria SS.ma Addolorata
[Nel margine interno, in senso verticale] Sappiatemi dire a vostro comodo dove si trovi il Padre Tedeschini.
[Nota di padre Norberto]
J.X.P.
Car.mo Sig. Sante
Ieri a leggere la sua del 16 corrente, sono restato sorpreso in sapere che da diversi mesi addietro non ha più ricevuto lettera da Conf. Gabriele. Eppure si assicuri che da luglio a questa parte, ne sono state interpolatamene spedite 5 o 6; e perché le potessero giungere con maggior sicurezza le ho fatte impostare in Ascoli e al Porto S. Benedetto. A chi dunque ne dovremo dar la colpa? Alla trascuratezza della posta, o alla malignità di qualche malevolo nostro o suo.
Comunque sia avvenuto, dobbiamo anche in ciò riconoscere una qualche amorosa disposizione di Dio, il quale chi sa quale grande bene ne avrà voluto trarre a di lei spirituale vantaggio.
Conf. Gabriele sta bene; in questi giorni però ha dovuto prendere un purgante per un imbarazzo di stomaco; sta contento ed allegro, e non cessa mai di deplorare la sua passata cecità, in tener (come egli si esprime) dietro a divertimenti che non sollevano l’animo, ma lo opprimono di noia e di rimorso.
E queste sue proteste non sono vuote parole, ma le accompagna con i fatti, e con tale calore, che ha bisogno di ritegno. Se egli con la fedeltà alle grazie che il Signore gli ha fatto e gli va facendo, si manterrà costante nel concepito fervore, si farà santo davvero. E ciò a sua e mia consolazione.
Enrico non ponga mente più che tanto alle parole che nella presente il fratello gli dirige, poiché ignaro tuttora delle discipline teologiche, nelle quali non regge quanto dice, perché non vi concorrono le condizioni richieste al peccato di simonia.
Non voglio qui omettere di schiarirle il punto dell’ordinazione. Ho chiesto al mio Provinciale che facesse ordinare Conf. Gabriele con i suoi compagni: mi rispose che si aspetti un altro poco che poi con la dispensa degli interstizi, in poco tempo si faranno iniziare a tutti gli ordini. Spero che un altr’anno dirà la messa. Su questa nostra tattica, deve sapere che abbiam regola di non fare ordinare in Maioribus se non dopo cinque anni di congregazione. Nei tempi addietro con la dispensa del Padre Generale si faceva più presto; ma perché vi è stato chi ne abusò, non si accordò più dispensa.
Terminerò col raccomandarmi anch’io alle orazioni sue e di sua famiglia; si compiaccia di salutarmi i suoi figli, che per la cognizione che me ne ha data Conf. Gabriele li tengo in luogo di fratelli, e mi creda con tutto l’affetto
Ritiro della Concezione, 26 gennaio 1860
suo dev.mo ed aff.mo servo
Norberto di S. Maria