Lettere

Lettera 7

All’Ill.mo Sig.re Proñe Col.mo
Il Sig.re Avv. Sante Possenti
Assessore Legale
in Spoleto

Car.mo Padre

Morrovalle, 8 marzo 1857

Sono subito a rispondere alla vostra carissima del primo marzo. Mi sembra che mal fondato è il vostro timore della mia salute, imperocché vi dissi che in ogni occasione, che mi fosse occorsa, di malattia o di altro, non avrei trascurato di farvene subito consapevole, tanto più che bene spesso ricevo visite o saluti, ora per parte di zio, di Teta, e di voi stesso, e quasi sempre faccio sì che siano restituiti i saluti, e sappiano buone nuove di me, operando ciò anche nelle lettere che scrivo.Ora io vi dirò che ottimo è lo stato di mia salute, poiché vado sempre più ingrassandomi, e che da che io mi trovo qui posso con verità assicurarvi non avere io, grazie al Signore, avuto alcun che di contrario, solo che due ore una sola volta del solito dolor di testa. Riguardo al cibo sto meglio che voi non crediate poiché oltre all’abbondanza, son cibi sani, essendo permessi anche i latticini. Io non ho ancora inteso qui neppure una giornata fredda quale posso dire avere inteso in Spoleto.

Il Signore mi prospera troppo, non lo merito per alcun riflesso.

Teta giorni sono mi mandò a salutare da un loro parente che si trova qui a Morrovalle, e ciò fece ancora un’altra volta per un altro parimente residente qui in Morrovalle, e mi fece avvertito, come voi, che dopo Pasqua sarebbe venuta a trovarmi insieme con Pellegrini. Lascio considerare a voi se un fratello gradisce rivedere parenti sì affezionati; ma prevedendo io che una tal visita potrebbe servirmi di grande disturbo all’anima, desidero che voi facciate i medesimi al più presto avvertiti, avere io gradito il loro buon cuore; ma che per tale ragione desidererei posposta ad altra circostanza (terminato il noviziato) una tal visita, tanto più che promisi a zia monaca (Teresa Maria Frisciotti) di portarmi a trovarla terminato il noviziato, altrimenti sarebbe a me impossibile poterla conoscere.

Bramerei, o mio caro padre, premuroso come voi siete della mia corporale ed eterna salute, che ciò glielo faceste bene intendere, poiché ho stabilito nel noviziato non volere avere tali divagamenti, e son deciso assolutamente di mantenerla per mia parte, esponendomi ancora a commettere qualche inciviltà. Non vi faccia specie un tale sentimento poiché non proviene se non che da un’anima miserabile, che cadendo tutto dì in miserie, vuol nondimeno togliere al suo nemico più che può occasioni, benché remote, di farla cadere in altrettante miserie. Non si susciti mai, però, alla vostra mente il pensiero essermi ciò dettato o soltanto consigliato dai miei superiori, i quali sarebbero indifferentissimi su tali cose e non porrebbero alcun ostacolo, ma bensì dalla mia fragilità e fermo proposito di non dar, per quanto potrò, spago al demonio. Perdonatemi, o caro padre, e vogliatemi compiacere.

Intesi da zio che tanto Cencio quanto Enrico poco o nulla studiano. Superfluo è a me il raccomandar loro una tal cosa; solo dirò con tutta schiettezza che tra i tanti rimorsi che mi dilaniano il cuore questi sono gli speciali: il poco studio, il non ubbidire massime nell’accompagnarmi, e l’aver sempre, o giocando o dormendo o facendo altre cose, recitato il rosario di Maria SS.ma. Queste tre righe servano ad essi di salutevole ricordo, e se le scrivano in luogo appartato.

olo aggiungerò, che alcuni compagni, massime secolari, che con belle maniere, col venire in casa, col farci ridere, si rendono a noi cari ed amici, ci conducono dritti all’inferno; e che, se vogliono essere sicuri del paradiso tengano alla mente queste parole: che chi ogni giorno reciterà con devozione il santo rosario, ed aggiungerà almeno 7 Ave Maria a Maria addolorata o lo Stabat Mater od altro, od almeno dirà il solo rosario – sono parole di santi – avrà un segno probabilissimo dell’eterna salute; e ciò potranno dire alla buona Pacifica, la quale s’incoraggi sempre più a seguitarlo con devozione; e siano ad essa obbedienti, perché lo esige il bene che ci ha fatto, e lo merita. Che se io avessi dato in tante cose udienza ad essa, starei assai meglio; e ciò basta.

Mi duole sentire che voi siate molestato dal solito male di nervi, ma non deve far molta specie, attesa l’incostanza della stagione che mi dite succedere costì, a differenza di ciò che succede da noi.

Da che è cominciata quaresima non ho ancora veduto zio, e perciò non saprei dirvi se sia andato a predicare o no; ma ritengo che non ci sia andato, imperocché credo bene che me l’avrebbe fatto sapere. Direte tosto ai genitori dei miei confratelli che stanno benissimo, ed in modo particolare Calandrelli, loro domandano la santa benedizione.

Direte particolarmente ad Enrico queste parole di un santo: che non gli rechi fastidio o noiail recitare ogni giorno l’ufficio divino, perché, oltre all’essere obbligato strettamente, se lui lo farà di buona voglia e avrà ogni giorno intenzione di lodare con quell’ufficio Maria SS.ma, che può farsi benissimo, poiché dice il beato Alano e tanti altri queste parole: “Ti sia segno assai probabile di eterna salvezza, se costantemente ogni giorno avrai salutato la beata Vergine nel salterio”. Noti però che questo ufficio è di Maria SS.ma, ma vale lo stesso per colui che dice l’ufficio divino con la sopraccitata intenzione.

Ricevete i saluti dei miei superiori, massime del Padre Maestro e Vice Maestro. Raccomandatemi e fatemi raccomandare continuamente al Signore ed a Maria SS.ma perché ne ho estremo bisogno. Ritornate i miei saluti a tutti quei che hanno avuto la bontà di salutarmi, massime ai religiosi miei conoscenti, e salutandovi di vero cuore unitamente a tutti di casa e chiedendovi la santa benedizione, mi dico

vostro aff.mo figlio
Confratel Gabriele dell’Addolorata
novizio passionista

P.S. Non mancherò di pregare con le mie deboli orazioni, il Signore e Maria SS.ma per l’anima da voi a me indicata; come ancora di raccomandar voi, o carissimo padre, e tutti di casa sia vivi che defunti. Si ricordino Enrico e Cencio di ciò che promisero a Maria SS.ma e a Padre Bompiani, di recitare, cioè, la mattina a mezzogiorno e la sera l’Angelus Domini, e sestaranno per la strada od altro sito non si vergognino di cavarsi il cappello; che se ciò faranno, e vinceranno il rispetto umano, siano sicuri della protezione di una sì gran cara Madre in vita ed in morte. Se poi vogliono conoscere chi è Maria ed affezionarsi a Lei per quanto loro è cara la salute dell’anima, leggano il libro intitolato Le Glorie di Maria di S. Alfonso e conosceranno chi è questa pietosa madre. Quando mi risponderete spero avranno già fatto ciò, e loro piacerà, essendovi almeno un centinaio di specialissimi esempi. Prendetevene cura voi, o buon padre.

P.S. Nel chiudere la lettera ho saputo non essere zio andato in alcun luogo a predicare. Desidererei che al più presto o per la posta affrancato, o per altra occasione, se vi fosse, mi mandaste qualche numero di copie del libretto del Cuor di Gesù stampati costì. Per meglio ottenerli vi potrete dirigere o ai Gesuiti od a Sparvoli. Insieme a questo mi potrete mandare un cartello delle regole del medesimo Cuore che lasciai, domandando però licenza a Padre Casanuova, essendo suo, e se non si trovasse, bramerei si ricopiasse. Vogliate compiacermi al più presto e ne resterò molto soddisfatto.