Non c’è dubbio che si debba investire di più nella sicurezza dell’Europa, che poi vuol dire riarmarsi. Inutile giocare sulle differenze lessicali. La sostanza, gira e rigira, è quella. Ma occorrerebbe domandarci perché, in tutti questi anni, nessuno abbia ragionato sul fatto che gli interessi degli Stati Uniti si stavano allontanando inesorabilmente da quelli dei loro alleati europei. E che l’America non sarebbe più stata disponibile a pagare per la sicurezza europea. Il divorzio era visibile da tempo. Non c’è stata alcuna riflessione autentica in materia. Non dico in Italia, che ha sempre trattato il tema con superficialità ideologica o con semplicità infantile, ma anche in democrazie più evolute con una storia statuale alle spalle più lunga e con una più robusta cultura degli interessi strategici.
Il dilemma, soprattutto per noi cattolici, è drammatico e turba le coscienze. Se da una parte non ci si può arrendere alla inevitabilità del riarmo alzando semplicemente le mani di fronte a un imprevisto tornante della Storia, dall’altra non è accettabile rifugiarsi in un pacifismo di maniera che salva, almeno in apparenza, la nostra coscienza. E allora che fare? La sola deterrenza non impedisce che si esplorino con maggiore convinzione le vie della diplomazia. Quando il cardinale Matteo Zuppi andò a Mosca e, su incarico del papa, cercò una via di dialogo. Non fu un inutile atto di debolezza, né il riconoscimento delle ragioni, che non ci sono, dell’aggressore. Fu un gesto di buona volontà che immaginiamo qualcuno dall’altra parte, forse anche nel nazionalista mondo ortodosso, avrà in cuor suo apprezzato. Non lo avrà confessato perché quella è un’autocrazia che i dissidenti li uccide senza farsi problemi. Ma se solo qualche cuore si sarà risvegliato, ebbene quella missione di Zuppi non sarà stata vana. Perché prima o poi bisognerà prepararsi al momento in cui i rapporti tra i due blocchi riprenderanno. Non è pensabile che rimangano interrotti per tempo. E allora sarà importante ritrovare la fiducia e il rispetto reciproci. Non basteranno i sistemi di difesa, assolutamente necessari per contenere la volontà di potenza e spegnere gli istinti bellici. E anche un compromesso, sul lato degli interessi economici, sarà di ardua definizione senza avere sviluppato una rinnovata capacità di dialogo e intavolato rapporti meno sospettosi. Ecco, il pertugio per quanto piccolo e oggi invisibile, è questo. La pace si costruisce anche in questo modo. L’investimento nella Difesa, dicevamo, è inevitabile. Non se ne può fare a meno. Ma non deve andare a detrimento degli investimenti nell’istruzione, nella cura del capitale umano, nel sostegno agli strumenti di welfare. Perché se così fosse, si aprirebbero praterie di consenso per i partiti più estremisti e sovranisti. E così per difenderci da un nemico esterno, avremo scoperto il fianco interno a chi vorrebbe cambiare in peggio il volto già un po’ emaciato e febbricitante delle nostre democrazie rappresentative.