La pensione ai superstiti è di regola pari al 60% della pensione percepita dal defunto, ma in presenza di determinati redditi personali, la quota di prestazione erogata dall’Inps si riduce di una percentuale tanto più elevata quanto maggiore è il reddito.
Nel 2024, la soglia limite per non subire alcuna riduzione dell’importo della pensione è pari a 23.245,79 euro. Se il coniuge del defunto ha un reddito annuo superiore a tale soglia, subirà una riduzione della prestazione spettante pari al 25%. Il taglio sale al 40% se il reddito è compreso tra 31.127,72 euro e 38.909,65 euro, e arriva al 50% se il reddito del coniuge è superiore a 38.909,65 euro annui.
Ci sono però delle eccezioni, ovvero delle situazioni in cui la pensione di reversibilità non viene decurtata, né adeguata, di anno in anno ai nuovi limiti reddituali:
- In presenza di figli fino a 21 anni (o fino a 26 anni se studenti) o inabili nel nucleo familiare, che escludono qualsiasi decurtazione della pensione di reversibilità, indipendentemente dal reddito percepito.
- Quando la pensione di reversibilità, se ridotta per effetto dei nuovi limiti, mette il beneficiario superstite nella situazione di avere meno denaro, complessivamente, rispetto a prima della morte del coniuge. A stabilirlo è stata la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 162 del 30 giugno 2022.
I redditi da valutare per la riduzione dell’importo della pensione sono tutti i redditi assoggettabili all’Irpef, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati e relative anticipazioni, del reddito della casa di abitazione e delle competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. In ogni caso, non deve essere valutato l’importo della pensione ai superstiti su cui deve essere eventualmente operata la riduzione.